La scultura nella Langobardia minor tra “maniera beneventana” e “maniera greca” 

 

Francesco Abbate

 

 

In: Marcello Rotili (a cura di), Tra i Longobardi del Sud: Arechi II e il Ducato di Benevento, Padova 2017, 713-720

 

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e che invece credo vada riportata più indietro, in piena epoca longobarda [5]. Un complesso di sculture nelle quali la più fantasiosa irregolarità regna sovrana. E basti osservare la lastra con il leone che azzanna una figura femminile (fig. 3): la vivacità tumultuosa è tale che la stessa rosetta decorativa ha le punte arcuate e pare una sorta di falciatrice in vorticosa rotazione.

 

Dalla cultura propria alle sculture di Alba Fucens deriva il rilievo dell’iconostasi di Santa Maria in Valle Porclaneto, presso Rosciolo (fig. 4), come ha giustamente indicato Gandolfo, con una datazione alla metà del XII secolo, che appare, di nuovo, un po’ troppo ritardata, ma comunque, in questo caso, di epoca già romanica [6]. Caratterizza queste sculture abruzzesi una grande originalità, nella fantasia, come già abbiamo accennato, appassionata e quasi irriverente; non mancando tuttavia forti agganci con la scultura “longobarda” campana, specie nella foga espressiva, rude talvolta, al pari dei presumibili modelli (figg. 5-6).

 

Nel vasto raggio delle reciproche influenze rientra anche il rapporto tra scultura e oreficerie, trattato nel 1984 da Marcello Rotili, che si chiede se, conformemente a quanto accadde in pittura e anche in scultura, sia esistita anche una scuola orafa “beneventana” (come farebbero pensare oggetti di oreficeria di qualità assai alta, e quindi di probabile committenza ducale o comunque della classe dirigente) o almeno capace di esercitare un ruolo propulsivo nei confronti della produzione orafa meridionale che opera una «trasmissione della cultura tardo antica e [...] connessa presenza di elementi di ambito mediterraneo consentita dalla mediazione bizantina» [7]. L’oreficeria di età longobarda, che dovrebbe rappresentare la produzione artistica dove è più forte la possibile influenza della cultura “barbarica”, recepisce invece fortemente «elementi della cultura tardo antica e mediterranea», in ossequio all’usanza dei Longobardi di «assumere, adeguandoli alle proprie esigenze e strutture mentali, gli elementi della civiltà con cui entravano in contatto» [8].

 

Nel citato articolo del 1984 Marcello Rotili pubblica delle sculture in cui il rapporto di «reciprocità tra arti diverse», in questo caso tra scultura e oreficeria, è di piena evidenza, specie in un capitello del Museo del Sannio con la decorazione di una croce traforata da tanti fori, databile al IX-X secolo e che «appare come il corrispettivo scultoreo di un manufatto tipico dell’oreficeria di area mediterranea del tempo, caratterizzata dall’uso di incastonare gemme e perle» [9].

 

 

5. Gandolfo 2004, passim.            6. Gandolfo 2004, p. 59.

7. Rotili 1984, p. 98.            8. Rotili 1984, p. 79.            9. Rotili 1984, p. 90.

 

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1. Pluteo adattato ad ambone, Antiquarium del complesso di Cimitile.

2. Pluteo con la lotta di due grifoni e un toro, Nola seminario vescovile (foto C. Ebanista).

 

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3. Leone che azzanna una figura femminile, Alba Fucens San Pietro (foto C. Ebanista).

4. Pluteo dell’iconostasi, Rosciolo, Santa Maria in Valle Porclaneto.

5. Frammento di stipite con testa umana, Celano Museo della Marsica (da San Pietro ad Alba Fucens).

6. Frammento di stipite con leone, Celano Museo della Marsica (da San Pietro ad Alba Fucens).

 

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7. Pluteo e pilastrino, Napoli Sant’Aspreno.

8-9. Pilastrini, Cimitile, cappella dei Santi Martiri (foto C. Ebanista).

10. Pilastrini, Cimitile, cappella dei Santi Martiri.

 

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«Perline oblunghe e sferiche alternate si trovano nelle sculture di età longobarda, che recupera così un motivo classico passato all’oreficeria» [10]. Motivi simili si ritrovano anche nei celebri pilastrini di Sant’Aspreno a Napoli, di Cimitile e di Pernosano, opere tra le più tipiche, insieme ai plutei di Sorrento, della scultura “non longobarda” di cultura bizantina e comunque orientale (figg. 7-8; tav. XIIIc). Come gli studi ormai sostengono concordemente, il pluteo e i pilastrini di Sant’Aspreno sono i modelli sia di Cimitile che di Pernosano (in quest'ultimo caso anche nei riguardi del bellissimo velario dipinto). Ed è ormai assodata, negli studi, anche l’influenza che i motivi decorativi derivanti dalle stoffe sasanidi o da altri oggetti suntuari, mediati da Bisanzio, hanno avuto sulle decorazioni dei plutei di Sant’Aspreno (e il discorso vale anche per i rilievi sorrentini). La raffinatezza dei motivi decorativi di tutti questi pilastrini mostra, inoltre, una probabile derivazione dall’oreficeria. La Tozzi vi vedeva anche un richiamo alle ricche, sontuose vesti dell’abbigliamento bizantino, a cui guardava la classe dirigente longobarda, specie nei momenti di massimo avvicinamento politico tra la corte beneventana di Arechi e quella imperiale di Bisanzio in funzione anticarolingia, dopo la caduta del regno longobardo del nord.

 

Vorrei chiudere con una serie molto significativa di sculture capuane (figg. 9-10). È noto che Capua, sotto il principato di Pandolfo Capodiferro, nella seconda metà del X secolo, fu la località egemone della Langobardia meridionale. Non saprei dire se queste sculture appartengano proprio a questa epoca. Rappresentano comunque un esempio straordinario di sincretismo culturale, unendo a elementi bizantini (le ricche vesti gemmate) aspetto del repertorio sasanide (i motivi vegetali) e una cupa e decisa espressività di tipo piuttosto “occidentale”, non voglio dire “longobardo”.

 

 

10. Rotili 1984, p. 90.

 

 

            Bibliografia

 

Abbate F. 1997, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Dai Longobardi agli Svevi, Roma.

 

Bologna F. 1950, Per una revisione dei problemi della scultura meridionale dal IX al XIII secolo, in F. Bologna, R. Causa (a cura di), Sculture lignee nella Campania, catalogo della mostra, Napoli, pp. 21-30.

 

Gandolfo F. 2009, Prefazione, in S. De Rosa, G. Mollo (a cura di), Santa Maria Assunta in Pernosano. Storia Progetto Restauro, Milano.

            — 2004, Scultura medievale in Abruzzo. L’Età normanno-sveva, Pescara.

 

Rotili M. 1984, Rinvenimenti longobardi dell’Italia meridionale, in Studi di storia dell’arte in memoria di Mario Rotili, Napoli, pp. 77-108.

 

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