Milko Matičetov e i paesi slavi del Molise (Italia)

 

Alberto Mario Cirese

 

 

Traditiones (Ljubljana) letnik 28, številka 1, 1999

 

 

 

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Avtor se spominja začetkov znanstvenega sodelovanja in skoraj petdesetletnih prijateljskih stikov z Milkom Matičetovim. V svojem prispevku objavlja dva takorekoč še neobjavljena spisa, s katerima je M. Matičetov skupaj z avtorjem in njegovim očetom Eugeniem, dal pomemben prispevek k preučevanju slovanskih naselij v Moliseju (Italija).

 

In his article the author remembers the beginnings of scientific cooperation and almost five decades of friendship with Milko Matičetov. He writes about two articles which have not been published yet. Together with the author and the author's father Eugenio Milko Matičetov contributed important knowledge about Slavic villages in Molise, an area in Italy.

 

 

Milko Matičetov compie ottanta anni; la nostra amicizia ne compie quasi cinquanta. Un abbraccio affettuoso a lui (ed ai suoi: Vida, Zarja, Matej), da me e dai miei (Liliana, Italo, Eugenio).

 

Nel 1953 Eugenio Cirese, mio padre, pubblico (a Rieti, lontano dal Molise dove era nato) il primo volume della sua raccolta di canti popolari molisani [1]; poco dopo, nello stesso anno, dette vita a La Lapa, una piccola rivista dedicata al mondo popolare [2]. Il volume dei canti - recensito da Matičetov [3] - e poi La Lapa avviarono un replicato scambio di lettere da cui nacque la pubblicazione su La Lapa, nel 1954, di uno scritto di Milko Matičetov che poneva quesiti sugli studi italiani di fiabistica e sul tema narrativo dell’uomo »bruciato e poi rigenerato« [4].

 

 

1. I canti popolari del Molise, con saggi della colonie albanesi e slave, vol. I, Rieti 1953. Il volume contiene solo testi in molisano; quelli albanesi e slavi comparvero nel secondo volume, uscito postumo nel 1957: vedi oltre.

 

2. La Lapa. Argomenti di storia e letteratura popolare. Ne uscirono tre annate (1953–1955); la terza, postuma, fu curata da me. Vedine ora la ristampa anastatica (Cosmo Marinelli editore, Isernia) con premessa di Pietro Clemente e indici curati da Roberto Marinelli.

 

3. »Slovenski Etnograf«, 1953, p. 362.

 

4. Matičetov, Narrativa popolare in prosa. Quesiti della sua storia in Italia, in »La Lapa«, II, 1954, pp. 27–28; dettero risposte ai quesiti Giuseppe Bonomo (ivi) e Pietrina Moretti (p. 74).

 

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Intanto la preparazione alla stampa del secondo volume dei canti molisani, cui collaboravo, mostrava che i testi slavi fino ad allora acquisiti richiedevano integrazioni e accertamenti. Così fu che nell’estate del 1954 feci un viaggio di ricerca nelle tre colonie slavo-molisane: Kruć o Acquaviva Collecroce, Mundimitar o Montemitro, Stifilić o San Felice del Molise, già S. Felice Slavo [5]. Qui registrai su nastro canti, ma ricercai anche, e trovai, memoria di una usanza ormai localmente cessata e invece ancora viva - col nome di »pagliara maie maie«, ossia »pagliaio maggio maggio« - a Fossalto, paese nativo di Eugenio Cirese: il giro cerimoniale di questua, al primo maggio, di un uomo ricoperto da un cono di erbe e fiori sul quale le donne gettavano acqua dalle porte e dalle finestre. Così alle questioni relative ai canti si aggiunsero problemi etnografici di altra natura: se l’uso fossaltese della »pagliara« era originariamente patrimonio culturale degli slavi immigrati in Molise, ed era poi passato al mondo molisano circostante in un raro processo di contro-acculturazione, che attestazioni e’erano dell’uso nelle loro terre d ’origine?

 

Ne scrissi subito a Milko Matičetov; e ne ebbi in risposta uno scritto che, cronologicamente primo nel fascio di altre sue decine di lettere che gelosamente conservo, costituisce un eccellente prova di responsabile corrispondenza scientifica e prelude ai consistenti contributi che Milko Matičetov darà poco dopo agli studi sui canti dei paesi slavo-molisani. Si tratta insomma di un piccolo saggio scientifico che merita di non restare inedito e di cui perciò riproduco qui appresso le parti essenziali:

 

Lb., 3.8.1954

 

 

Caro dottor Cirese,

Giorni fa, scrivendo dal mio paese nativo a Suo padre che mi aveva parlato del viaggio che Lei fa nel Molise, esprimevo il rammarico di non poter essere anch’io in compagnia Sua tra gli slavi in provincia di Campobasso. Già allora mi attendeva qui la sua lettera del 22 luglio che parla proprio degli slavi del Molise. Sull’argomento voglio risponder Le punto per punto.

 

Mi interessano assai i testi e le registrazioni [dei paesi slavo-molisani] e sono pronto a collaborate (con consigli od altro) non solo per la pubblicazione dei testi da inserirsi nel secondo vol. dei «Canti del Molise«, ma anche in seguito per altre eventuali ricerche, raccolte di testi e simili. Gradirei sapere concretamente da Lei come Le posso essere utile in questo momento.

 

Molto gradito riuscirebbe un Suo articolo su qualche problema riguardante il folklore delle colonie serbo-croate del Molise. Per quanto conosco il materiale riguardante tali colonie, predominano gli studi linguistici fatti da specialisti, ma spesso anche da dilettanti; molti sono gli articoli informativi sulle generali; pochi pochissimi articoli parlano di problemi etnografici e folklorici. È ovvio: fra i visitatori delle colonie ben pochi sono stati etnografi di professione e se hanno notato degli aspetti che fanno per noi, testi in versi e in prosa, ciò è qualcosa, ma molto resta ancora da fare! Se riordinando i materiali da Lei raccolti troverà qualcosa di adatto, saremo ben lieti di accogliere il Suo contributo. Io mi incaricherò personalmente di tradurlo in sloveno.

 

E passiamo ora alla maschera [i. e. il cono di erbe]. Ne scrissero, come Lei saprà:

 

            1. Giovanni de Rubertis sull’»Osservatore dalmato«: Delle colonie slave nel regno di Napoli, Lettere del prof. G. de R. (anche come estratto: Zara, 1856, 47 pgg.), pg. 19–23 dell’estratto.

 

 

5. Vedi Registrazioni etnografiche nel Molise, in »La Lapa«, II, 1954, pp. 76–77.

 

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             2. Lo storiografo russo V. Makušev, capitato per combinazione in uno di questi paesi proprio il l' maggio del 1870, ne parlò nel suo rapporto sul viaggio, pubblicato negli «Zapiski» (Denkschriften) dell’Accademia imperiale di St. Petersburg, vol. XVIII, 1871, Pg. 38–40.

 

            3. Milan Rešetar nel suo studio monografico Die serbokroatischen Kolonien Süditaliens, Vienna 1911, pg. 122–123, con una fotografia a pg. 138, presa ad Acquaviva dal Dr. A. Vetta e rappresentante il giovanotto ricoperto dal cono verde ed altri intorno a lui.

 

Nelle penisole slovene del Friuli non ricorre nulla di simile, trattandosi di un uso proprio dei serbo -croati della penisola balcanica.

 

Sull’uso tra i serbocroati consente una rapida informazione Schneeweiss, Gaindriss des Volkglaubens und Volksbrauches der Serbokroaten, Celje 1935, pg. (*vedi il P. S.).

 

Ottimo, ma a Lei forse meno accessibile, M. Gavazzi, Godina dana hrvatskih narodnih običaja (Gli usi croati entro il volgere di un anno), vol. I, Zagreb 1939, pg. 42 ss, 56 ss, ove si tratta di analoghe circumambulazioni con analoghe figure chiamate «il verde Giorgio» o anche «Giorgio» perché il più spesso legate al giorno della festa di S. Giorgio, vicina però al 1° maggio, data in cui anche in certe località ricorre l’uso (1° maggio = Filippo e Giacomo: quindi «il verde Giacomo», denominazione analoga allo «zeleni Juraj» - Il verde Giorgio - degli slavi meridionali).

 

Da noi in Slovenia l’uso e limitato al territorio più prossimo alla vicina Croazia, trattandosi di una irradiazione dal sud (ma vedi il P. S.), pur presumendosi che in epoca remota forse anche tra noi tale uso fosse noto. Mancano però documenti. E, come dissi più sopra, tra gli sloveni d’Italia detto uso e sconosciuto.

 

Ma per oggi sono stato già troppo lungo. La saluto cordialmente, e quando vede Suo padre mi ricordi anche a lui. Suo

 

Milko Matičetov

 

P. S.

Preso in mano lo Schneeweiss per indicarle la pagina, vedo che l’uso non è descritto, né vi si trovano indicazioni bibliografiche e rinvii. Solo a pg. 187 è riprodotta una foto scattata dal prof. Gavazzi: sotto una finestra stanno due giovanotti di cui uno ricoperto dal cono e l’altro, munito di una cesta, sta per accettare un uovo dalla padrona di casa che si affaccia alla finestra.

 

Correggo leggermente le informazioni date a memoria sulla Slovenia. Boris Orel nella sua sintesi degli usi popolari sloveni («Slovenski ljudski običaji») nel volume Narodopisje Slovencev (Etnografia degli sloveni), II, pg. 331, dice che l’uso è o era diffuso pure tra gli sloveni della Stiria e della Carinzia. E nel volume Steiermark della serie «Österreichische Monarchie in Wort und Bild», 1890, a pg. 221 c’è un vivace quadro dell’uso dello «Zeleni Jurij» (il verde Giorgio) nella Stiria slovena, opera del pittore sloveno J. Šubic. Da tutto ciò appare che sopra affrettatamente dissi trattarsi di una «irradiazione dal sud», se l’uso è diffuso anche in Slovenia. Si tratterà piuttosto di un uso comune ad una più vasta zona che però solo uno studio approfondito potrebbe delimitare.

 

Di nuovo! M.

 

 

La lettera fu per me di forte aiuto e di vivace stimolo. Le indicazioni sul Verde Giorgio mi furono preziose nella stesura del primo dei miei due scritti sulla »pagliara« che pubblicai nel 1955 su La Lapa [6].

 

 

6. La 'pagliara maie maie', in «La Lapa», III, 1955, pp. 33–36 (ristampato con aggiunta di altre fotografie in «Ossimori», 1994, n. 4, pp. 49–56)

 

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L’accenno alla storia degli studi sui paesi slavo-molisani mi spinsero ad uno spoglio sistematico di tutte le pubblicazioni sull’argomento, nel quale mi avvalsi della sua competenza [7]. La dichiarata disponibilità a pubblicare miei contributi mi portò a stendere un secondo scritto sulla »pagliara«, più ampio, che comparve nel 1955 in Slovenski etnograf con una aggiunta di illustrazioni curata da Matičetov [8], che inoltre fu il tramite dei rapporti epistolari che si stabilirono tra il prof. Milovan Gavazzi e me, sempre a proposito della »pagliara« [9]. In aggiunta, da Matičetov mi venne l’invito al Convegno di Varaždin del 1957; e quell’incontro - in cui presentai una relazione sui pianti funebri slavo-molisani [10] e di cui conservo, con i miei, un sempre caldo ricordo - fu momento molto importante nel mio itinerario di studi ed in quello degli affetti: al legame scientifico si aggiunse, cementandosi, quello dell’amicizia.

 

Ma più importa il contributo alla pubblicazione del canti slavo-molisani che nella sua lettera del 1954 Milko Matičetov prometteva e che poi effettivamente dette, cospicuo e decisivo: traduzione italiana dei testi che ne erano sprovvisti e revisione di quelle già esistenti, segnalazione di canti che altrimenti sarebbero sfuggiti all’attenzione, unificazione delle grafie, correzione attenta delle non facili bozze, e soprattutto numerose, ricche e competenti note di commento [11].

 

Una di queste note ha l’ampiezza e il respiro di un saggio a sé. E quella dedicata ai «canti karloviciani» (così li chiamò Matičetov) di cui nel Molise sono stati raccolti 14 frammenti [12], il primo dei quali fu pubblicato da Graziadio I. Ascoli nel 1867 e che in una delle tre lezioni che registrai su nastro nel 1954 a Montemitro ed a San Felice comincia così:

 

— Lipa Mara homa u ručice.

— Neću ke neću se straši do Karlovic. [13]

 

La importante nota di Matičetov su questi canti costituisce quasi un inedito, data la difficile reperibilita del libro che la ospita [14]; va aggiunto poi che la stampa del 1957 risulta di difficile lettura perché si fu allora costretti ad usare caratteri tipografici assai piccoli e ad incorporare nel testo le indicazioni bibliografiche. Penso allora che questa sia l’occasione giusta per ristampare questo scritto, dandogli così l’autonomia e la fruibilità che merita. Eccone il testo, cui credo sia opportuno assegnare un titolo, e nel quale opero qualche adattamento richiesto dalla decontestualizzazione [15]:

 

 

7. Vedi le pp. 47–48 e le schede bibliografiche indicate a p. 160 (voce Slavi) del mio volumetto Saggi sulla cultura meridionale I. Gli studi di tradizioni popolari nel Molise. Profilo storico e saggio di bibliografia, De Luca, Roma 1955. Cfr. Tradizioni dei paesi slavo-molisani e Nota sui paesi slavo-molisani in «La Lapa», III, 1955, pp. 56–58.

 

8. La ‘pagliara’ del primo maggio nei paesi slavo-molisani, in «Slovenski Etnograf», 8. (1955), pp. 207–224. Oltre ad una più chiara riproduzione della fotografia pubblicata tla Rešetar, Matičetov inserì quelle dello Zeleni Jurij sloveno e dello Zeleni Jurai croato.

 

9. Vedi il mio scritto Milovan Gavazzi e la «pagliara» slavo-molisana in «Studia Ethnologica Croatica», Vol. 7–8, Zagreb 1995, pp. 47–52, e cfr. M. Gavazzi, Sull’origine della «pagliara» slavo-molisana, estratto da «Ce fastu?», XXXIII-XXXIV, 1957–58, n .1-6, Udine 1959.

 

10. O naricaljkama u hrvatskim mjestima pokrajine Molise u Italiji [Il pianto funebre nei paesi serbocroati del Molise], In: Rad Kongresa folklorista Jugoslavije, u Varaždinu 1957 [Atti del Congresso dei folkloristi jugoslavi, Varaždin]. Zagreb, 1959 : 143–151

 

11. Note ai canti slavi, in A. M. Cirese, Volume secondo dei Canti popolari del Molise, Rieti 1957, pp. 234–261 (e anche alle pp. 44–71 di A. M. Cirese, Canti popolari delle colonie slavo-molisane pubblicati con la collaborazione di Giovanni Maver e Milko Matičetov, estratto da I canti pop. del Molise, vol. II, pp. 191–261, Rieti 1957).

 

12. Volume secondo dei canti popolari del Molise cit., nn. 612-612o.

 

13. Volume secondo dei canti popolari del Molise cit., n. 612m.

 

14. Volume secondo dei canti popolari del Molise cit., pp. 241-247 (e pp. 51–57 dell'estratto cit.)

 

15. Le note H 16-24 sono scorporate dal testo di Milko Matičetov del 1957.

 

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IVAN KARLOVIC NEI CANTI SLAVI DEL MOLISE

 

Il canto di cui ci occupiamo - Drúga drága homa u ruzitze, nella versione che Graziadio I. Ascoli raccolse alla metà dell’ottocento e pubblicò nella grafia che qui rispettiamo [16] - ha attirato molto l’attenzione di studiosi e curiosi, filologi e viaggiatori che soggiornarono nei villaggi slavi del Molise, tanto che oggi [1957] se ne conoscono hen 14 lezioni. Tutte sono più o meno frammentarie e forse non si sarebbe mai riusciti a levare il velo di mistero che le circonda se non ne avesse conservato traccia il paese di origine. Ivi fortunatamente la documentazione relativa al nostro canto non solo non manca, ma è anzi ricca e degna di rilievo.

 

Ivan Karlović - signore croato morto a Medvedgrad nei 1531 - è un eroe leggendario la cui fama nella tradizione orale vivente oggigiorno si può dire in tramonto, ma che un tempo dovette godere di ben altra reputazione. Così infatti ne scriveva P. Ritter in un opuscoletto storico edito a Lubiana nei 1681 [17].

 

Joannes famosissimus Corbavić comes, Karlovich a Carolo genitore apud Croatos dictus, quem, ad fastigium trium regnorum bani seu proregis, Dalmatić scilicet, Croatić et Slavonić, tum sago tum toga, cum etiam clarissimus aviticć gentis splendor evexerat, plurim us est in cantilenis patrić et in choreis per omnes ferme Croatiae plagas quam frequentissime decantatus.

 

Canti vari con protagonista Ivan Karlovic, sua moglie, sua sorella od altri suoi prossimi si incontrano in parecchie raccolte di canti popolari serbocroati, a cominciare dal manoscritto di Erlangen, circa 1720 [18]. Luogo di provenienza di tali canti è quasi sempre la zona litorale adriatica, dall’Istria a Ragusa, ma certo con penetrazioni più o meno rilevanti nei retroterra, perfino in Slavonia. Importante il fatto che anche la colonia croata del Burgenland o Gradišće in Austria, dedotta nei sec. XVI, ha conservato memoria di Ivan Karlovic [19]. Le ragioni della sua fortuna nella poesia e nei racconto popolare croati sono state analizzate nei capitolo finale di un volumetto di P. Grgec, modesto quanto a mole ma ricco di utili informazioni [20].

 

Ma per far svanire ogni dubbio se sia lecito o no collegare il misterioso cavaliere o «eroe» slavo-molisano Ivan - soprannominato Karlovic, Karlovica, Karlovica, Dovice, Juvac ecc. - coi canti «Karloviciani» della sponda adriatica orientale (si veda p. es. lo scetticismo del Rešetar, col. 79), passiamo alla prova più convincente. Per corrotte che siano, le 14 lezioni slavo-molisane (nn. 612-612o) si possono pur sempre riconoscere come frammenti di un canto croato ben definito. Dobbiamo se non la scoperta certo la valorizzazione di questo fatto ad Olindo Delorko, sottile conoscitore della Musa popolare serbocroata [21]. Il canto croato in parola era ben noto già al Ritter che nel 1681 ne riportò 4 versi iniziali nell’opuscolo ricordato più sopra.

 

 

16. G. I. Ascoli, Saggi ed appunti, estr. da »Politecnico», marzo 1867; poi in Id., Saggi critici, II, 1877, pp. 76–82. Per la grafia usata da Ascoli vedi le sue pagine 70–71 e la nota al n. 610 dei Canti del Molise.

 

17. Apographum ... de comitibus Corbavia, qui fuerunt ex genere Gussich, citato da V. Klaic, Zivot i djela Pavla Rittera Vitezovica, Zagreb 1914, pg. 36.

 

18. G. Gesemann, Erlangenski rukopis starih srpskohrvatskih nar. pesama, Sr. Karlovci 1925, nn. 79 e 110; inoltre si potrebbero citare: V. Bogišič, Narodne pjesme iz starijih, najvi'e primorskin zapisa, Biograd 1878, n. 33; Hrvatske nar. pjesme što se pjevaju po Istri i kvarnerskih otocih, Trst 1879, parte II, n. 19; nella raccolta della «Matica Hrvatska», vol. V nn. 212 e 214, vol. VI nn. 11 e 18 ecc.).

 

19. F. Kurelac, Jaćke, Zagreb 1881, pag. 160.

 

20. P. Grgec, Hrvatski Job šesnaestoga vijeka - ban Ivan Karlović, Zagreb, 1932.

 

21. O. Delorko, Hrvatske narodne balade i romance, Zagreb 1951, pg. 183–84; ricordiamo - con grato animo - anche le notizie orali e scritte avute dal Delorko, senza il cui gentile concorso questa nota sarebbe tutta altra cosa.

 

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Una prima versione completa del canto si trova nella raccolta di I. Kukuljevic-Salicinski [22]; una seconda presso F. Kurelac [23]; una terza nella raccolta della Matica Hrvatska [24]; e infine una quarta, ancora inedita, trascritta dalla signora M. Bošković-Stulli in Slavonia nel 1951, è depositata nell’archivio dell’Istituto per l’arte popolare di Zagabria (Institut za narodnu umjetnost). Abbiamo creduto opportuno scegliere tra le quattro lezioni croate quella che presenta la maggiore affinità coi frammenti slavo-molisani e riportarla in extenso nella lingua originale e in veste italiana. Ciò ci esime da ulteriori discorsi che appesantirebbero troppo queste note informative, mentre il lettore interessato ha tuttavia la possibilità di proseguire per conto proprio le indagini e i raffronti. La lezione prescelta è quella del Kurelac, da lui probabilmente trascritta nel litorale croato e inserita nell’introduzione al precitato volume di canti popolari della colonia croata del Burgenland o Gradišče. Eccone il testo nell’originale e nella traduzione italiana:

 

Ni u Liki snahe ni divojke,

ku ne ljubi Karlovicu Ive

neg ca mi je Marica divojka.

Ne more ju proanjom izprositi

5 niti kakvim darom prevariti.

Pak on grede staroj majki svojoj,

da mu poda sveta i nauka

da prevari Maricu divojku.

Majka mu je dobar nauk dala:

10 - Ne hod z kuce do tri leta, Ive,

vzgoji kosu kako i divojka,

opleti se kako i divojka,

kladi košic na tvu belu ruku

pak ti hodi Mari pod poneatru,

15 zazovi ju glasom divojackim:

- Hodi, Mare, hotim o po rozice. -

Do tri leta Ive z kuce ne šal,

vzgoji kosu kako i divojka,

oplital se kako i divojka

20 klal je košic na svu belu ruku

pak je hodil Mari pod poneatru

i zazval ju glasom divojackim:

- Hodi, Mare, hodi po rozice. -

Mare njemu z kuce odgovara:

25 - žla bin, drugu, bojin se Ivana. .

- Ne boj se ga, virna drugo moja,

danas ima tri godine dana,

da je Ive na vojnicu pošal,

od njega ni glasa ni pominka. -

30 Mare mlada talco odgovara:

- Ako e poaal, da bi s nje ne došal!

Pak su proali v rumene rozice.

Prvu rozu, ku je utrgala,

klala ju je na suhi javorak:

Non c'è nella Lika sposa né fanciulla

che Karlovic Ive non avesse amato,

all’infuori della fanciulla Marica

Non può né pregando ottenerla

né con qualche regalo ingannarla

Allora se ne va dalla vecchia madre

perché gli dia consiglio e istruzione

come ingannare la fanciulla Marica

La madre gli diede un buon consiglio:

- Non uscir di casa per tre anni, Ive,

lasciati crescere i capelli a mo' di fanciulle.

Intrecciali come una fanciulla,

prendi un cestello nella tua bianca mano

e va' sotto la finestra di Mare,

chiamala con voce di fanciulla

- Vieni Mare, andiamo a cogliere fiori. -

Per tre anni Ivo non uscì di casa.

gli crebbero i capelli come a fanciulla,

li intrecciò come una fanciulla,

prese un cestello nella sua bianca mano,

se ne andò sotto la finestra di Mare

e la chiamò con cuce di fanciulla:

- Vieni, Mare, vieni a cogliere fiori. -

Mare a lui dalla casa risponde:

- Andrei, compagna, ma ho paura di Ivan. -

- Non avere paura di lui, fedele mia compagna,

oggi sono trascorsi tre anni

dacché Ivan è partito in guerra,

di lui non c'è nuova né novella. -

La giovane Mare così risponde:

- Se è partito, che non vi tornasse! -

E se ne andarono a cogliere rossi fiori

Il primo fiore che ebbe colto,

lo pose su di un secco platano:

 

 

22. Narodne pjesme puka harvatskoga, Zagreb 1847, pg. 164–65.

 

23. Joćke, pg. XXXIV–XXXV.

 

24. Vol. VI, n. 37.

 

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35 - Sahni, vehni, rozo na javorku:

kako saline roza javorova,

da bi tako glava Ivanova! -

Drugu rozu, ku je utrgnula,

klala ju je na mrzlu stencicu:

40 - Sahni, vehni, roza na stencici;

kako sahne roza na stencici,

da bi tako telo Ivanovo!

Tretu rozu, ku je utrgnula,

tu e polegla na crnu zemljicu:

45 - Sahni, vehni, roza na zemljici

kako saline roza na zemljici,

da bi tako sritja Ivanova! -

Pak se aecu po lom polju ravnom

Progovori verna druga Mari:

50 - Ca bis sada ucinila Mari,

da bi priaal Karlovicu Ive?

- Skocila bin va jezero mutno

al bin zvala devet bratac mojih.

Pak joj veli Karlovicu Ive:

55 - Delaj, Mare, cagoder ti drago,

ovo ti je Karlovicu Ive.

Sada skoci va jezero mutno,

sada zovi devet bratac svojih! -

Pak ju ljubi tri dni i tri noci.

60 Liubil ju je i ostavil ju je

kaconoti livadu zelenu,

pokoaenu pak i ostavijenu,

pak odaeta belu dvoru svomu.

Kad je bilo do malo vrimena,

65 kad je bilo do kojeg miseca,

stara joj je govorila majka:

- Vaj me, Mare, drago dite moje!

Ca su tvoja licca, ublednula? -

Ona majke tiho odgovara:

70 - Boga tebe, mila majko moja,

ne pitaj me, stara moja majko!

Prevalil me Karlovicu Ive,

ljubil me je tri dni i tri noci,

ljubil me je i ostavil me je,

75 pa mi se nec po trbuhu valja

kako glava od jalova brava. -

(Pisalo je devet mile bratje,

liste piae Karlovicu Ivu:)

- Kupi svatju, hodi po divojku! -

Ali Ive njima odgovara:

80 - One se je a manon porugala,

da me ne bi ni za slugu vzela

kamo da bi za vernoga druga.

Pak mu piae sama divojcica;

85 ne piae ga, cim se listi piau,

neg ga piae s krvcom od srdacca:

- Hodi po me, Karlovicu Ive,

- Seccati, appassisci, fiore sul platano;

come si secca il fior di platano,

così sia della testa di Ivan!

Il secondo fiore che edite colto,

lo pose sulla fredda pietra:

- Seccati, appassisci, fiore sulla pietra,

come si secca il fiore sulla pietra,

così sia del corpo di Ivan! -

Il terzo fiore che ebbe colto,

lo depose sulla nera terra:

- Seccati, appassisci, fiore sulla terra

come si secca il fiore sulla terra,

così sia della fortuna di Ivan! -

E passeggiano sulla pianura estesa.

Dice la fedele compagna a Mare:

- Che cosa faresti adesso, Mare,

se venisse Ive Karlovic?

- Mi getterei nel torbido lago

oppure chiamerei i miei note fratellini. -

E le dice Ive Karlovic:

- Fa', Mare, quel che ti piace,

eccoti qui Ive Karlovic.

Adesso gettati nel torbido lago,

adesso chiama i tuoi noce fratellini! -

E l'ama tre giorni e tre notti.

L'amò e l'abbandonò,

come il verde prato

tagliato e abbandonato,

e s'avviò alla sua bianca corte.

Trascorso che fu poco tempo,

trascorso appena qualche mese,

le parlò la vecchia madre:

- Ahimé, Mare, cara bimba mia!

Perché sono impaludite le tuo guance? -

Ella piano risponde alla madre:

- Dio con te, cara madre mia,

non chiedermelo, vecchia madre mia!

Mi ha ingannato Karlovic Ive,

mi ha amato tre giorni e tre notti,

mi ha amato e abbandonato,

qualcosa nel ventre mi si sta muovendo

come una lesiti ovina. -

(Scrissero i nove fratelli,

scrissero a Karlovic Ive:)

- Raccogli i paraninfi, vieni a prendere la fanciulla! -

Ma Ive a loro risponde:

- Ella mi ha deriso

che non vorrebbe avermi nemmeno come servo,

che dire poi come fedele compagno. -

E gli scrive la fanciulla da sola;

non scrive come le lettere si scrivono

ma scrive col sangue del cuore:

- Vieni a prendermi, Karlovic Ive,

 

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hodi po me k belu dvoru momu

ter me peljaj k staroj majki tvojoj. -

90 (Dojahal je Karlovicu Ive)

pak ju vzame za prebelu ruku

pak ju hiti preda so na konja

ter ju vodi k belu dvoru svomu.

vieni a prendermi alla mia bianca corte

e conducimi dalla tua vecchia madre.

(Arriva Karlovic Ive)

la prende per la bianca mano,

la pone davanti a sé a cavallo

e la conduce alla sua bianca corte.

 

MILKO MATIČETOV

 

 

Il canto e bellissimo. Il saggio di Milko e eccellente. Lunga vita a lui e ai suoi studi.

 

 

Povzetek

 

Milko Matičetov in slovanska naselja v Moliseju (Italija)

 

Avtor se vrača k začetkom prijateljstva in znanstvenega sodelovanja, ki ga na Milka Matičetovega veže že skoraj petdeset let. Spominu na to se pokloni z objavo dveh kratkih vendar pomembnih prispevkov samega Matičetovega.

 

Leta 1954 je Alberto Cirese, ko je v sodelovanju z očetom Eugenijem ravno pripravljal zbirko ljudskih pesmi, vodil raziskave v treh vaseh slovanskega izvora v italijanski deželi Molise (Kruć, Mundimitar, Stifilić). Odkril je tudi sledi neke ceremonialne šege za prvi dan v maju: moški s stožčastim pokrivalom iz rož in trave hodi okoli in nabira darove, ženske pa ga z oken in vrat polivajo z vodo.

 

Ta šega je zamrla v teh treh slovansko-moližanskih vaseh, bila pa je živa v moližanski vasi Fossalto pod imenom “pagliara maie maie". Razlaga tega pojava, ki je v nasprotju z običajno prilagoditvijo tuje kulture, je torej postavljala razna vprašanja zgodovinske in primerjalne narave. Avgusta istega leta (1954) je Cirese o tem pisal Matičetovemu in ta mu je odgovoril s pismom, v katerem je ogromno podatkov in ki je tu tudi objavljeno. V njem daje Matičetov razne bibliografske napotke in podatke o šegi “Zeleni Juraj” (“Zeleni Jurij”) na balkanskem polotoku ter ponudi Eugeniju in Albertu Cireseju svoje sodelovanje pri proučevanju slovansko-moližanskih pesmi. Zelo dragoceni so se pokazali Matičetovi napotki pri spisih o italijanski “pagliari”, ki jih je kasneje objavil Alberto Cirese, in potem, ko se je Cirese udeležil Kongresa jugoslovanskih folkloristov v Varaždinu l. 1957 je znanstveno poznanstvo med obema učenjakoma preraslo v iskreno prijateljstvo.

 

V tem času je bilo sprejeto tudi ponujeno Matičetovo sodelovanje in pri pripravi drugega zvezka Ljudskih pesmi iz Moliseju (izšlo l. 1957) se že pozna njegov dragoceni prispevek. Matičetov je ne le poskrbel za prevode slovanskih besedil v italijanščino in jih popravil, temveč jih je tudi komentiral s številnimi opombami. Še zlasti ena izmed njih je prerasla kar v sam ostojno razpravo, ki je tu navedena pod naslovom Ivan Karlović v slovanskih pesmih Moliseju (Ivan Karlović nei canti slavi del Molise).

 

To je komentar k zbirki štirinajstih pesmi, za katere je Matičetov ugotovil, da gre za fragmentarne odlomke, ki jih je moč izvajati iz ene same hrvaške pesnitve: tiskani viri jo navajajo že l. 1681, v celoti je bila večkrat prevedena v 19. stoletju in l.1951 o njej spet slišimo od neke informatorke v Slavoniji. To besedilo je nato Matičetov priključil zbirki “pesmi o Karloviću”, skupku besedil, ki se navdihujejo iz življenja legendarnega junaka Ivana Karlovića, hrvaškega gospoda iz 16. stoletja. Te pesmi se najdejo v nekaterih zbirkah srbohrvaških ljudskih pesmi in kraj njihovega nastanka je skoraj vedno področje obale Jadranskega morja, od Istre do Raguse. V svoji opombi navaja Matičetov tudi eno izmed hrvaških verzij pesnitve, ki jo je v celoti objavil F. Kurelac: Ive Karlović s potrpežljivostjo in prevaro zlomi odpor, ki ga nudi lepa Mare njegovim ljubezenskim zahtevam; zapelje jo, nato jo zapusti in ne klone pred njenimi devetimi brati, ki zahtevajo, da se z njo poroči. Pač pa ga omehča prošnja Mare same, da jo vzame s seboj in jo odpelje na svoj beli dvor.

 

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