Nuovi dati sulle colonie croate nell’Italia meridionale con particolare riguardo a quelle estintesi da secoli in Campania

 (New data on Croatian colonies in southern Italy with particular regard to those extinct for centuries in Campania)

 

 

Žarko Muljačić  (Freie Universitàt Berlin)

 

 

Linguistica (Ljubljana), 45(1), 2005, 189-202

 

.pdf файл (0.8 Мб) от doi.org/10.4312/linguistica

 

Google translate: IT -> ENG

 

Negli ultimi tren'anni sono usciti parecchi lavori che si occupano direttamente o di passaggio delle colonie di profughi croati nell'Italia meridionale. [1] Sfortunatamente una recente Bibliografia aggiornata (Rešetar, 1997, 290-294), redatta da Walter Breu e Monica Gardenghi, omette molti titoli, specie se scritti da non slavisti.

 

Questo contributo si divide in cinque capitoli:

1. Cenni introduttivi;

 

2. Un giro d'orizzonte sui risultati più importanti recenti (con l'accento sulla consistenza delle certezze ormai acquistate e sui dubbi e sospetti tuttora permanenti riguardanti le all'incirca settanta località affrontate per la prima volta nel loro insieme da M. Rešetar nel lontano 1911);

        ABRUZZO: Casacanditella, Mozzagrogna, Schiavi di Abruzzo;
        BASILICATA: Ginestra (Pz)
        MOLISE: Acquaviva Colecroce, Castelmàuro, Mafalda, Montemitro, Palata, Petacciato, San Felice del Molise, San Giacomo degli Schiavoni;
        PUGLIA: Castelluccio dei Sàuri, Castelnuovo della Dàunia, Lèsina, Pèschici, San Vito dei Normanni.

 

3. Le colonie campane;

        1. Ariano Irpino (Av); 2. Fontechiari (Fr); 3. Ginestra degli Schiavoni (Bn); 4. Lìberi (Ce); 5. Sant'Arcàngelo Trimonte (Bn); 6. Schiava (Na) (fr. di Casamarciàno); 7. Schiava (Na) (fr. di Tufino); 8. Villanova del Battista (Av).

 

4. Congetture sulla colonia campana non nominata, visitata nel 1613 dallo scrittore e linguista croato Bartol Kašić;

 

5. Compiti futuri.

 

Opere consultate

Povzetek. Novi podatki o hrvaških naselbinah v južni Italiji

 

          (1. Cenni introduttivi)

 

            1. I nostri "arnesi del mestiere" si sono rafforzati con la pubblicazione del DETI (1981) e, ancora più, dopo l'uscita del monumentale Dizionario toponomastico (DT) (1990). Il suo unico "difetto" è che non analizza geonimi che non siano almeno denominazioni di comuni funzionanti ai giorni nostri nella Repubblica Italiana (ve ne sono 8104) e che non è in grado di utilizzare tutti i documenti d'archivio (medievali e più tardi) ma soltanto quelli stampati. Il finora unico volume del Catalogus Baronum si arresta intorno agli anni 1150-1168; i vari volumi delle RD (Rationes Decimarum) arrivano fino alla metà del Trecento. Vi vengono però utilizzate anche altre collane di fonti o monografie e c'è da sperare che le precitate vengano portate avanti. La Prof.ssa Carla Marcato è responsabile per quasi tutte le regioni ad eccezione di quelle curate dagli altri quattro coautori (come ci informa G. B. Pellegrini a p. VIII, si tratta del Piemonte, della Liguria, dell'Alto Adige e della Sicilia). Ho creduto opportuno di citare soltanto 23 suoi lemmi (17 nel § 2 e 6 nel § 3) con i raccorciamenti necessari per ragioni di spazio. È vero che tale gruppo si riferisce a poco più di un terzo dell'aliquota massima a cui aveva accennato a suo tempo il Rešetar. Per sfortuna le sono rimasti ignoti due miei studi (Muljačić, 1973; 1986) in cui avrebbe potuto trovare dei dati su alcuni titoli assai importanti, per es. su: Capaldo, 1979; D'Amato, 1976; Jurlaro, 1966; Perrone Capano, 1963 ecc.

 

 

1. Avverto di passaggio che le regioni settentrionali adriatiche siamo informati, sopratutto per la città di Venezia, da una serie di libri e di studi pubblicati nell’ultimo decennio dalla giovane storica croata Lovorka Čoralić. Grazie a lei abbiamo appreso moltissime notizie sugli abitanti croati (14.-18. sec.) di Venezia, oriundi non solo delle regioni croate allora sotto il dominio della Serenissima ma anche di Rijeka (Fiume), la Croazia montana e pannonica, Dubrovnik (Ragusa) e di parti croate della Bosnia ed Erzegovina.

 

189

 

 

 

          (2. Un giro d'orizzonte sui risultati più importanti recenti.)

 

            2. Mi consta che alcuni manuali considerano il Lazio come una regione centrale [2] (e così pure l'Abruzzo) e che il Molise (che come regione amministrativa fu creato con un emendamento della Costituzione Italiana nel 1963 dopo aver fatto parte della regione "storica" detta Abruzzo e Molise) vi viene qualificato come regione centromeridionale. Mi son deciso però a considerare tutte queste regioni e, à plus forte raison, la Puglia, la Campania, la Basilicata e la Sicilia, come meridionali (sull'ultima rinvio a Muljačić, 1986). Mi limiterò alle novità sugli insediamenti croati riguardanti l'Abruzzo, la Basilicata (un "caso" sbagliato, corretto dalla Marcato), il Molise e la Puglia. La Campania va affrontata nel § 3.

 

Concretamente si tratta di 17 "casi", disposti in ordine alfabetico nelle rispettive regioni:

 

ABRUZZO: Casacanditella, [3] Mozzagrogna, [4] Schiavi di Abruzzo; [5]

 

BASILICATA: Ginestra (Pz); [6]

 

 

2. Qui vanno messe in rilievo due cose: a) Il Lazio attuale è molto più vasto di quello prima del 1861 (ha inglobato non solo la parte sabina dell'Abruzzo - l'attuale provincia di Rieti in cui si trova il monte Terminillo che culmina a 2.213 metri - ma anche una frangia occidentale della Campania "storica'', ossia la città di Gaeta e il suo retroterra); b) la località Fontechiari, a 40 km da Frosinone (già Schiavi), verrà per tale causa studiata fra le colonie campane (§ 3); non hanno a che fare con insediamenti croati (o sloveni) certi villaggi modello, costruiti fra il 1929 e il 1939 nella nuova provincia del Lazio (Littoria) (che dal 9 aprile 1945 porta il nome di Latina), portanti nomi che ricordano battaglie con l'esercito austriaco nella Grande Guerra (p. es. Borgo Podgora (cfr. Atlas 54 H4), Borgo Bainsizza (ib., 53 G5) e simili).

 

3. Cfr. Marcato (1990b). Questo paese, situato nella provincia di Chieti (Atlas 50 F4), documentato la prima volta in CB, aa. 1150-1168, ossia molto prima dell'arrivo dei Croati, "nella dizione dialettale viene chiamato li schiavùnë e l'etnico è schiavónë. Tale denominazione è dovuta al fatto che in questa località e nell'area circostante vi sono state immigrazioni di serbocroati", cfr. Marcato (1990b). N. B. Secca qui il sostantivo serbocroati; anche chi continua ad usare il glottonimo il serbocroato, dovrebbe sapere che un popolo di questo nome non è mai esistito. Cfr. anche DETI (p. 108, s. v.) con lievi variazioni fonetiche (li šk'avùnë). L'etnico suona: Casacanditellése, -ési; šk'avónë, -ùnë; šk'avunèllë, -illë.

 

4. (Ch, Atlas 50 G4). "Comune dell'area frentana, anticamente era chiamato Schiavoni di Lanciano ed anche Villa Schiavoni; tuttora l'etnico locale dialettale è li scavùnë, li schiavùnë, dal latino medievale sclavus 'slavo' (de Giovanni 1989, 96). Il territorio è stato interessato da un'immigrazione slava (croata) dalla fine del secolo XIII all'inizio del XVI, ed anche il toponimo Mozzagrogna è in parte dovuto allo slavo. Di origine antroponimica (un soprannome), è un composto ibrido di mozza(re) e dello slavo gronja 'ramoscello di ciliegio con frutto, fronda di frutta con ornamento'; dunque un equivalente di 'strappa ramo'; si cfr. con Mozzagrogno e varianti (de Giovanni, cit.)", cfr. Marcato (1990n). DETI (p. 357) menziona anche le forme dialettali del toponimo e dell'etnico e ricorda le forme addotte dal Rešetar (Schiavoni di Lanciano, etn. Schiavonési).

 

5. (Ch, Atlas 54 H2-3). "Denominato Schiavi fino al R. D. (Regio Decreto) 22.1.1863 n. 1140 (DETI 530); è un centro a 1172 m s. m., che domina dall'alto l'ansa che sotto di esso formano il torrente Sente e il fiume Trigno. Già documentato nell' a. 989 "S. Salvator ad Sclavi", a. 1057 (?) "in finibus de castro qui vocatur Sclabi", a. 1058 "S. Salvator ad Sclavos" ecc., il toponimo riflette la forma latina medievale sclavus 'slavo' e si riferisce ad un antico insediamento slavo (croato) nel territorio, che rientra nel quadro di una immigrazione slava nell'area abruzzese e molisana particolarmente tra il sec. XIII e il XV (de Giovanni 1989, 96)" (cfr. Marcato, 1990u). DETI (p. 530) riporta anche il nome dialettale italiano del paese (šk'èvë) e gli etnici Schiavése, -ési; šk'avòttë, -ùttë.

 

6. Marcato (1990h) crede che si tratti di un'antica fondazione longobarda; "la località fu poi ceduta a Francesco Giuria, capo di una comunità albanese, insediatavisi nel 1482. Il paese ha assunto, poi, il nome di Ginestra (di evidente origine fitonimica) ed in albanese è Šùra (DETI 243); vi si conservano ancora le tradizioni culturali albanesi, compresa la parlata e, fino al 1627, anche il rito greco (TCI Bas. Cal. 251)". Lei corregge così tacitamente l'errore commesso da G. Colamonico (19512) il quale credeva che Ginestra degli Schiavoni (Benevento) fosse stata una volta di lingua albanese (confondendola con il paese Ginestra, prov. di Potenza). Per Marcato (1990i) v. § 3. - V. Atlas 60 F3.

 

190

 

 

MOLISE: Acquaviva Colecroce, [7] Castelmàuro, [8] Mafalda, [9] Montemitro, [10] Palata, [11] Petacciato, [12] San Felice del Molise, [13] San Giacomo degli Schiavoni; [14]

 

 

7. (Cb, Atlas 54 J2). "Commenda dell'Ordine gerosolimitano, nel '500 venne popolata da una colonia di croati, insediatisi nel Molise, la cui parlata si è conservata nel tempo. Pare che la prima notizia storica relativa alla presenza di slavi nel Molise risalga al 1297 dato che in una bolla di Bonifacio VIII si leggerebbe "Castrum Aquaevivae cum Vassallis Schiavonis", ma di stanziamenti sembra si possa parlare agli inizi del sec. XVI (v. De Giovanni 1974, 205)" (Marcato, 1990a). C. Marcato spiega nel seguito le ragioni che rendono plausibile il toponimo Acquaviva e menziona il suo nome croato "Kruč'cioce'". DETI (6) conosce soltanto l'etnico standard italiano (Acquavivése, -ésì) e la sua inesistenza in croato (al suo posto si userebbe is krùča).

 

8. (Cb, Atlas 54 J2-3). "Situato a 692 m sul pendio del monte Mauro. Nella dizione dialettale è castëllùccë, fino al R. D. 22.1.1885 n. 2900 si chiamava Castelluccio Acquaborrana (DETI 128), ed ha tratto il nome attuale da quello del monte Mauro... Secondo l'opinione di alcuni Castelmauro sarebbe antico stanziamento slavo, anzi il primo nel Molise, ma la notizia non è confermata da fonti storiche e nella località attualmente non vi sono slavofoni (v. De Giovanni 1974, 205)" (Marcato, 1990e).

 

9. (Cb, Atlas 54 J2). "Già Ripalta di Riso, ha assunto la denominazione di Ripalta sul Trigno con R. D. 23.12.1894 n. 588 e di Mafalda con R. D. 12.10.1903 n. 413 (DETI 296) in onore della principessa Mafalda di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele II. È una località situata a 459 m s. m.; si ritiene che sia stata colonizzata da Slavi, ma mancano fonti storiche al proposito (cfr. De Giovanni 1974, 206). Il luogo è menzionato in CB (aa. 1150-1168) come "Ripam Albam (: Aldam / Altam)", n.. 769, cioè "Riva Alta""' (Marcato, 19901). DETI (296) conosce soltanto etnici derivati da Mafalda.

 

10. (Cb, Atlas 5412). "Località della valle del Trigno, a 79 km dal capoluogo; si trova a 508 m s. m. ed è un'isola linguistica serbocroata, colonizzata probabilmente nel sec. XVI anche se mancano notizie storiche precise (De Giovanni 1974, 205). Il toponimo è attestato in CB (aa. 1150-1168) "Domini Montis Mituli"...; si tratta di un composto di -> MONTE e di un latino *mētulus per mētula, diminutivo di mēta 'mucchio; cumulo; altura'... (v. De Giovanni 1987, 437)..." (Marcato, 1990m). DETI (345) riporta le forme del TN in italiano, dialetto e croato e constata la mancanza dell'etnico croato, sostituito dal sintagma is mundìmîtar.

 

11. (Cb, Atlas 54 J2). "... È stato interessato da un insediamento serbocroato risalente al sec. XVI, probabilmente tra il 1524 ed il 1530 (De Giovanni 1974, 206). Attestato in CB ... "et Palatam"..." (Marcato 1990o). DETI (386).

 

12. (Cb, Atlas 50 J5; esiste anche, ib., P. Marina). "... De Giovanni 1974, 205-206,... informa che nella località si sono stabilite, pare intorno al 1835, delle famiglie slave (una decina)" (Marcato, 1990q). V. anche DETI (401).

 

13. (Cb, Atlas 54 J2). "Paese situato a 548 m s. m., dista 69 km da Campobasso. Già denominato San Felice, ha assunto il nome di San Felice Slavo con R. D. 4.1.1863, n. 1196, di San Felice del Littorio con R. D. 27.6.1929 n. 1354 e quello attuale con D. P. R. 18.7.1949 n. 587 (DETI 487). Il paese che fu commenda dell'Ordine Gerosolimitano, è stato interessato da un insediamento di serbo-croati, verosimilmente intorno al 1518 (v. De Giovanni 1974, 205-206), che hanno conservato a lungo la lingua, in parte conosciuta ancora oggi..." (Marcato, 1990r). DETI (486) riporta anche il TN croato Stifilîč o Filîč e gli etnici: sanfeliciàno, -àni nonché šklavùun (femm. šklavùunka), pl. šklavùni.

 

14. (Cb, Atlas 54 K2). "Paese situato a 169 m s. m., dista 65 km da Campobasso; si è denominato San Giacomo (dal santo patrono) fino al R. D. 4.2.1864 n. 1678 (DETI 489). La specificazione allude al fatto che il paese fu interessato da un insediamento di serbo-croati che dovrebbe risalire al 1564 (v. De Giovanni 1974, 205-206); l'etnico schiavone si rifà al latino medievale sclavus 'slavo' '' (Marcato, 1990s).

 

191

 

 

PUGLIA: Castelluccio dei Sàuri, [15] Castelnuovo della Dàunia, [16] Lèsina, [17] Pèschici, [18] San Vito dei Normanni. [19]

 

 

          (3. Le colonie campane)

 

            3. In questo capitolo centrale mi sento obbligato a menzionare anche tre "casi" non del tutto certi (si tratta dei numeri 1, 5 e, forse, di uno dei numeri 6 e 7). Eccone le denominazioni:

 

1. Ariano Irpino (Av); [20] 2. Fontechiari (Fr); [21] 3. Ginestra degli Schiavoni (Bn); [22]

 

 

15. (Fg, Atlas 56 D6). "Centro agricolo del Tavoliere. Nel Medioevo fece parte del feudo di Bovino... Nel 1310 è ricordato come "Castelliteli de Sauro"..., poi a. 1328 ... "Clero Castellucii de Sauro"... ed anche "Castellucii de Schavis"... Quest'ultima denominazione si ritrova anche precedentemente, nell'a. 1180: "Casale Casteluccii de Sclavis...". Dalla descrizione si può rilevare che Castelluccio degli Schiavi corrisponde a Castelluccio de Sauri di cui è stato denominazione anteriore, con allusione ad un insediamento di alloglotti provenienti, forse, dall'altra sponda dell'Adriatico'' (Marcato, 1990d). DETI (127) non sa nulla di questa 'sinonimia' e rinvia a un libro di G. Colella (Trani, 1941, 387) secondo cui si tratterebbe di "paese già di lingua albanese".

 

16. (Fg, Atlas 56 B4). "... si è chiamato Castelnuovo fino al R. D. 14.1.1864 n. 1632 (DETI 129)... Ma Castelnuovo... di recente ha sostituito il vecchio nome che era Castelluccio degli Schiavi ancora in uso alla fine del sec. XVII (cfr. Giustiniani 1797-1805, III, 345). Con tale nome, che allude ad un'antica presenza in loco di slavi o quantomeno di alloglotti, il paese è già menzionato nel Catalogus Baronum (aa. 1150-1168)... "Castellucium de Sclavis", n. 1414, ed in seguito anche in RDApLC a. 1310 "Archipresbiter Castellucii de Sclavis" n. 249, a. 1328 "Clero Castellutii de Schavis (cioè Sclavis)" n. 265 e passim" (Marcato, 1990f).

 

17. (Fg, Atlas 56 CD2). "... Il toponimo è stato spiegato in vario modo: ...da voci slave come lesi, lesina "boscoso"... Quest'ultima ipotesi è anche quella di Rohlfs 1972, 350... che collega questo toponimo al nome dell'Isola di Lesina nell'Adriatico, ed è fondata sulla presenza di antiche immigrazioni serbocroate nella zona del Gargano” (Marcato, 1990j). DETI (279) non ne ha minima idea.

[ Но нямаше ли някакъв проблем с хърватската употреба на 'лес', непасваща на гарганското ѝ значение.]

 

18. (Fg, Atlas 56 GH2). "Centro del Gargano... Si ritiene fondato nel 970 da Sueripolo, comandante degli Schiavoni... (TCI Puglia 215)''. CB contiene conferme latine (1150-1168); quelle in RDApLC sono del 1310. Il legame con voci slave significanti "sabbia" (su cui insiste G. Rohlfs, 1972) la Marcato (1990p) attribuisce "alla presenza di alloglotti slavi nel territorio, arrivati in epoca medievale via mare". Nessuna parola sulle ondate dei profughi croati sbarcativi nel Cinquecento. Come è stato scoperto più di un mezzo secolo fa il lessicografo Jakov Mikalja (Peschici, 1601 - Loreto, 1654) nacque certamente lì (e non a Pescia in Toscana come si credeva fino a tale data in base alla inesatta lettura di un documento nell'Archivio della Compagnia di Gesù a Roma) da padre croato (la nazionalità della madre è ignota).

 

19. (Br, Atlas 62 14-5). "Denominato San Vito fino al R. D. 13.12.1863 n. 1616 (DETI 522), deriva la specificazione dalla presenza dei Normanni nel luogo, ma in documenti medievali è menzionato anche come "San Vitus de Sclavis" (sec. XV, cit. da Rohlfs, 1986, 114), San Vito degli Schiavoni, nome dovuto ad una immigrazione di una colonia di origine slava..." (Marcato, 1990t). Andavano menzionati Jurlaro (1966) e Muljačić (1986, 142-143). DETI (522) non menziona tale presenza.

 

20. (Av, Atlas 58 12). DT (38) e DETI (25-26) non menzionano insediamenti slavi.

 

21. (Fr, Atlas 54 CD3). Marcato (1990g) non menziona il suo nome antico. DETI (220) menziona come unico TN dialettale sk'àvi. Accanto alle forme standard dell'etnico (Fontechiarése, -ési) menziona (soltanto) come forme dialettali: sk'avaròtto, sk'avaròtti e termina il lemma con: "Già Schiavi, assunse la denominazione attuale con R. D. 12.10.1862 n. 903".

 

22. (Bn, Atlas 56 B6). "A 42 km da Benevento, è un piccolo centro situato a 540 m s. m. sulla destra del torrente Ginestra (affluente del Miscano), al confine con la Puglia. È stato ripopolato alla fine del sec. XV da una colonia di Croati che avevano passato il mare per sottrarsi al dominio turco (LUI IX, 54). Attestato in CB..., successivamente in RDCamp. (Ariano)... La specificazione degli Schiavoni è in uso già da tempo ed allude a presenza alloglotta, in particolare slava, nel territorio; cfr. anche Giustiniani 1797-1805, V, 80:2... Si congettura, che la sua origine data l'avesse qualche colonia di Schiavoni originarj dalla Dalmazia Europea (!)"; ivi si sostiene un loro sbarco in terra di Puglia fin dalia. 640 e, successivamente, nel sec. X, quando occuparono la città di Siponto" (Marcato, 1990i). DETI (243) rinvia a Finamore (1964, 40).

 

192

 

 

4. Lìberi (Ce); [23] 5. Sant'Arcàngelo Trimonte (Bn); [24] 6. Schiava (Na) (fr. di Casamarciàno); [25] 7. Schiava (Na) (fr. di Tufino); [26] 8. Villanova del Battista (Av). [27]

 

 

L'Indice alfabetico dell'Atlas contiene (pp. 113-118, a dodici colonne) ad occhio e croce 26.000 oiconimi. Non vi figurano nomi di monti, fiumi, isole, regioni, province, scavi archeologici, cime, stazioni ecc. notate sulle 91 mappe di grandi dimensioni (38 x 28 cm). Tutti gli oiconimi sono accompagnati da "coordinate" ("ascisse" da A a K e "ordinate" da 1 a 6). Per Schiava ho trovato soltanto un 'reperto' (si trova a: 58 F3; come mi sembra, è un poco più vicino a Tufino che a Casamarciàno, ossia a Nord dell'autostrada attuale collegante Avellino e Casória (passando a Nord della città di Nola). Tufino si trova a poca distanza dalla frontiera fra le province di Napoli e di Avellino.

 

 

          (4. Congetture sulla colonia campana non nominata, visitata nel 1613 dallo scrittore e linguista croato Bartol Kašić)

 

            4. Il gesuita Bartol Kašić (nato a Pag, sull'isola croata omonima, nel 1575, morto a Roma nel 1650) è autore della prima grammatica croata (Institutionum linguae Illyricae libri duo, Romae MDCIIII), della prima traduzione croata dell'intera Bibbia (stampata l'unica volta qualche anno fa, Paderborn-Munchen-Wien-Zurich, 2000), di una trentina di scritti teologici e della tragedia spirituale Sveta Vinifrida (pubblicata la prima volta nel 1938). Ha scritto, in terza persona (Cassius dixit...), un'autobiografia, forse mai terminata, i cui 193 fogli che descrivono la sua vita fino a un giorno non precisato del 1625 furono pubblicati dal suo confratello Miroslav Vanino nel 1940 e tradotti appena ai giorni nostri da Stjepan Sršan,

 

 

23. (Ce, Atlas 58 DI). "Comune a 25 km dal capoluogo, posto a 457 m s. m.... Già Schiavi, il comune era chiamato in un primo tempo Schiavi di Formicola, poi Liberi di Formicola con R. D. 24.8.1862 n. 802 e Liberi con la costituzione di Formicola in comune autonomo (DETI 281). Il comune ha sede in località Villa, già detta Villa degli Sciavi o Sciovia o degli Schiavi... Il cambiamento del nome da Schiavi a Liberi fu determinato dal disappunto degli abitanti che interpretavano il toponimo come riferimento ad antiche condizioni di schiavitù: perciò "questo piccolo paese abitato da uomini indipendenti e che sanno immolare sostanze e famiglia e vita per la Patria e la Libertà, non deve più chiamarsi Schiavi ma Liberi" come si legge nella delibera del Comune di Schiavi del 27.4.1862 (cit. da Gentile 1959, 178). In verità, il toponimo Schiavi... non ha a che vedere con condizioni di servaggio, ma con l'etnico sclavi, ad indicare insediamenti di Schiavi (= Slavi, anche genericamente, per designare popolazioni barbariche) la cui presenza è già documentata intorno al sec. VII-VIII (Gentile cit. 184-186)" (Marcato, 1990k). Malgrado i molti anni passati dopo tale "liberazione" la forma dialettale del toponimo suona tuttora (DETI 281) villa dèlti skjàvi di fronte all'etnico Libertino, -ertìni: quello dialettale (il DETI non nota la forma del singolare) suona skjavìtti.

 

24. (Bn, Atlas 58 Hl-2). DT, s. v. (p. 599) non menziona coloni slavi.

 

25. (Na, Atlas 58 F3). Non stupisce il fatto che Marcato (1990c; 1990v) non accenna ad alcuna di queste due (?) frazioni. I due lemmi nel DETI (530) sono identici per quello che riguarda le forme dei toponimi (a sk'àvé) e degli etnici nella forma standard (Schiavése, -ésí) e dialettale, con la metafonia nel plurale (sk'avésé, -ìsè). Possiamo concludere o che il cartografo ha dimenticato di segnare una frazione o che (ciò mi sembra più verosimile) esiste in realtà soltanto una frazione denominata Schiàva.

 

26. V. nota 25.

 

27. (Av, Atlas 58 IJ2). "A 742 m s. m.... il centro... distrutto nel corso del '300, fu riedificato nella seconda metà del sec. XV dai feudatari Del Balzo e ripopolato con una colonia dalmatina. Nuovamente distrutto dal terremoto del 1694, poi da quello del 1930... Chiamato un tempo Polcarino, Pulcarino, poi Villanova e quindi Villanova del Battista con R. D. 26.10.1862 n. 936 (DETI 623) è menzionato col vecchio nome già in CB (aa. 1150-1168) "et Pulcarinum", poi ancora in RDCamp. (Ariano di Puglia) aa. 1308-1310..., a. 1328... Pulcarino è... un riflesso dell'etnico Bulgarus (nel Medioevo è anche antroponimo), riflesso in taluni toponimi italiani (-> Bòlgare, Bg.)" (Marcato, 1990x).

 

193

 

 

1999 [28] (è autore pure di molte altre opere, i cui autografi o copie non furono firmati [29]).

 

Il Kašić ha soggiornato nel 1613, per poche ore, in un villaggio campano, allora abitato (in parte?) da profughi croati [30]. Lo ha fatto durante un viaggio (a cavallo), intrapreso in compagnia di due cittadini ragusei (da Dubrovnik) non nominati, sul tratto Barletta - Napoli, avvenuto dieci mesi dopo il suo primo soggiorno a Dubrovnik (durato dai primi di dicembre del 1609 fino al novembre del 1612) e una missione nell'Impero Ottomano (Slavonia orientale, Sirmio, Belgrado, Serbia e Bosnia) terminata nel giugno del 1613. [31] Sebbene un locutore oriundo del croato ciacavo, il Kašić aveva imparato, durante i suoi studi in Italia e il suo lungo soggiorno a Dubrovnik e in altre parti stocave della Croazia, il croato stocavo. Siccome i termini menzionati sono stati creati appena nell'Ottocento da Vjekoslav Babukić (che tenne a Zagabria dal 1846 in poi la prima cattedra di croato),

 

 

28. Siccome l'autografo di quest'opera non esiste, il Vanino ha utilizzato la migliore delle tre copie, ossia quella che si conserva nella Biblioteca dei Frati Minori a Dubrovnik. Il suo titolo è Vita P. Bartholomaei Cassii Dalmatae / ab ipsomet conscripta, / et dono data a P. Raphaele Prodanello Ragusino / P. Raphaeli Tudisio, ex sonore filio. Dr. Vladimir Horvat (Zagreb) ossia il migliore conoscitore della vita e delle opere di B. Kašić , sta per pubblicare una migliore traduzione. V. per ora la sua monografia (1999).

 

29. V. Horvat ha pubblicato la prima edizione del suo dizionario croato-italiano, terminato in sostanza nel 1599 insieme con i resti finora trovati di un manuale di conversazione croato-latino, compilato ad usum proprium nel 1595 (si tratta di due manoscritti acefali).

 

30. Ripubblico qui il brano riferentesi alla prima parte della terza giornata del viaggio iniziata a Bovino (dove il Kašić e i suoi due compagni di viaggio ragusei avevano pernottato). Esso si trova alla fine del foglio 68. (4 righe) e sul 69. foglio (21 riga). Vi si legge:

 

"Pater autem cum pernoctasset summo mane celebrato Sacro cum comitibus Beneventum versus in equis iter aggressus est. Post montis descensum ferme toto die ad Vulturni ripam equitandum fuit minus commodà deambulatione, nihilominus (69) tamen circa meridiem quiescendum in rusticana domuncula fuit, ut equi refici possent et equites aliquid cibi caperent praeparati a paupercula muliere. Colloquentibus ergo inter se viatoribus Ragusino idiomate monuit mulier sagax, ut caute sermocinarentur de rebus publicis; est enimvero, inquit, praesens quidam hic, qui sermocinationem vestram intelligit. Quo conspecto P. Cassius interrogavit illum Dalmatica lingua quisnam esset, ex quonam oppido. Respondit se esse ex castello quodam non multum dissito, multaque alia castella esse illis partibus piena colonis, qui superioribus annis profugerant ex Dalmatia eo tempore quo Turcae illas regiones occupaverint. Hac igitur maiores nostri sese receperunt atque domicilia construxerunt omnesque linguâ Dalmaticâ utimur inter nos; habemus sacerdotes nobiscum catholicos, romano ritu utentes nobisque omnia sacramenta administrantes caeteraque ad salutem animarum necessaria edocentes: multi autem iam linguam italicam didicerunt, qua et cum dominis colloqui possent et cum Italis negotia peragere; agros colunt, greges pecorum, armenta boum ac iumentorum equorumque per montana et campestria nutriunt custodiuntque diligenter accurateque antiquo more maiorum. His dictis ad bibendum invitatus epoto suo ciatho gratiisque actis, sublata mensa conscensis equis quisque suum iter capessens abiit hilarior".

 

Cfr. Vanino (1940, 59); Sršan (1999, 79-80).

 

31. Questo brano fa parte del capitolo "V. De reversione P Cassii Ragusium et D. Simonis in Urbem" (cfr. Vanino, 1940, 56-62) portante un titolo a metà sbagliato: Con D. Simo s'intende un altro missionario croato (don Šimun Matković), il quale aveva accompagnato il Kašić durante l'intera "missione ottomana". Erano ritornati insieme a Dubrovnik nei cui dintorni si erano imbarcati, dopo aver atteso alcune settimane un collegamento navale con l'Italia, su una medesima nave. Nella notte prima della partenza il Kašić fu colto da un grave malore e fu costretto a sbarcare a Dubrovnik. Si vede anche da questo particolare che il Kašić , il quale si mise a redigere la sua Vita (in base a brutte copie conservate) appena verso il 1639, non diede mai al suo testo l'ultima mano (cfr. Horvat, 1999, 18 ss.).

 

194

 

 

il Kašić non poteva servirsene e usava il termine lingua Dalmatica per il ciacavo e lingua Ragusina (in latino) ovvero lingua ragusea (in italiano) per il croato di Dubrovnik.

 

Il breve testo latino che descrive la conversazione fra due membri della colonia campana non nominata e il Kašić (v. nota 30), avvenuta verso l'ora del pranzo in una data non precisata alla fine del settembre o all'inizio dell'ottobre del 1613, costituisce l'unica 'autodescrizione' fatta da croati, abitanti il versante tirrenico dell'Italia. Essa è sfortunatamente indiretta: il Kašić ha riassunto in latino le loro 'dichiarazioni', fatte in croato (presumibilmente ciacavo). Ne possiamo dedurre che si trattava della seconda o della terza generazione di croati in terra campana, dunque di figli (o nipoti) di profughi fuggiti dalla loro patria attaccata dai turchi probabilmente verso il 1570. [32] Il tempo trascorsovi ha permesso ad alcuni di imparare l'italiano [33] con cui comunicavano con i loro 'padroni' feudali e con altri italiani. Le due attività da essi svolte (aratura dei campi e pastorizia nei campi e sulle colline) nonché il fatto che il detto incontro era avvenuto sul tratto di strada fra Bovino (Puglia) e Benevento (Campania), dove il Kašić e i suoi compagni di viaggio trascorsero la seconda e la terza notte di questo viaggio (sempre in case tenute da gesuiti [34]), prima di arrivare, dopo l'ultima (quarta) giornata a Napoli [35], riduce il numero delle località potenziali a sole quattro: Ariano, Ginestra degli Schiavoni, Sant'Arcangelo Trimonte e Villanova del Battista [36]. Un fatto (un errore non so se del Kašić o del copiatore [37]) complica un poco le cose: prima di aver incontrato i propri connazionali e, così pure, dopo essersi congedato da loro, il Kašić insiste sul noto fiume Volturno (che - se vogliamo prestargli fede - non si sarebbe potuto evitare se si voleva arrivare a Benevento). È un errore non solo geografico ma anche logico. Se il Kašić doveva sbrigare il più presto possibile certi affari a Napoli prima di raggiungere Roma (doveva riferire al Generale del suo ordine e forse anche al Pontefice sui risultati della sua missione nell'Impero Ottomano), non vi era alcun motivo per voler traversare ad ogni modo un fiume che non si trova sul tratto fra Bovino e Benevento ma a più di venti km ad ovest di Benevento (il che lo avrebbe costretto a perdere almeno ancora una giornata [38]).

 

 

32. Con Dalmatia il Kašić intendeva spesso la provincia romana DALMATIA la quale equivaleva a quasi tutta la Croazia marittima e montana (la Bosnia compresa). Il croato ciacavo era parlato allora anche nella Croazia montana e nella attuale Bosnia occidentale. I profughi dunque non provenivano soltanto dalla Dalmazia sotto il dominio veneziano, che aveva subito intorno al 1571, durante la Guerra di Cipro, addirittura degli sbarchi sulle isole di Hvar/Lesina e Korčula/Curzola, fortunatamente respinti (disfatta della flotta turca durante l'assedio di Curzola il 15 agosto 1571).

 

33. Calcolo venti anni per ogni generazione.

 

34. Siccome i suoi compagni di viaggio non erano degli ecclesiastici, non stupisce il fatto che il convento di Orta ospitò soltanto il Kašić , v. nota 39, e che lo stesso avvenne a Napoli (v. nota 35).

 

35. "Hora circiter diei 21. liberrime urbem ingressi nullo latrunculo conspecto. P. Cassius domum Professam, comitibus consalutatis ac vale dicto, ingressus est" (cfr. Vanino, 1940, 60).

 

36. Le rimanenti quattro si trovano molto lontano dall'unico itinerario verosimile (Schiavi, oggi Fontechiari, Schiavi, oggi Liberi) o su una delle strade che potevano portare i tre viaggiatori da Benevento a Napoli.

 

37. Un'edizione critica della Vita era teoricamente possibile nel 1940. Da allora fino ad oggi - come mi assicura V. Horvat - si sono smarrite le rimanenti due copie che il Vanino non ha voluto (o potuto) collazionare.

 

195

 

 

Per arrivare a Benevento occorreva però traversare un affluente sinistro del Volturno, ossia Calore. Forse il Kašić pensava al bacino del Volturno (o le carte geografiche di cui disponeva erano sbagliate).

 

Qui va menzionato che a BENEVENTUM (o nelle sue immediate vicinanze) (v. l'attuale cittadina Grottaminarda, Atlas 59 12) si congiungevano, già nell'antichità, le due arterie più importanti che congiungevano Roma allo spazio ionico o adriatico: la VIA APPIA NOVA che passando per la Basilicata attuale raggiungeva (via Taranto) Brindisi e la sua "alternativa" più recente (VIA TRAIANA) che da Benevento raggiungeva Brindisi attraverso la Puglia e che era più breve e più comoda (perché in gran parte in pianura). Benché i tracciati di queste due arterie romane non si siano conservati in tutti i particolari, possiamo supporre che la strada seguita dal Kašić durante le prime due giornate corrispondeva grosso modo al tracciato di VIA TRAIANA. Infatti, lui menziona di aver pranzato il primo giorno CIRIGNOLAE (ossia "a Cerignola") e di aver dormito la prima notte HORTAE (ossia "a Orta") che in base al R. D. 26.10.1862 n. 972 fu denominata Orta Nova (v. DT, 458-459). Il Kašić riferisce (f. 68; v. Vanino, 1940, 58) che anche il suo primo pernottamento ebbe luogo nel collegio dei Gesuiti ("vesperi noctuque in Hortae domicilio cum PP. Societatis laetissime pernoctavit"). [39]

 

Il suo secondo pernottamento si svolse pure in un convento dei Gesuiti, a Bovino (oggi provincia di Foggia), centro situato a 620 m s. m. (desumo questi dati da DT, 95). Se il Kašić avesse voluto continuare per vie cattive e scoscese fra monti che superano a volte mille metri di altezza, avrebbe potuto arrivare a Villanova del Battista (purtroppo il saggio del D'Amato non mi è accessibile!). Oso credere che non l'abbia fatto perché alla fine del f. 68 (Vanino, 1940, 59) il Kašić ammette esplicitamente che scesero sulla via maestra. La subregione Irpinia è caratterizzata dalla frontiera fra due bacini fluviali: a una ventina di km. ad occidente in linea d'aria del piè di monte su cui sorge Bovino si trova una 'parete' montana che divide l'ultimo membro del bacino adriatico (il torrente Cervaro che scorre sotto Bovino) dall'ultimo fiume del bacino tirrenico (il fiume Miscano, un affluente del fiume Calore che attraversa la città di Benevento [40]). Lì sorge oggi la cittadina Ariano Irpino (Av, 809 m s. m.). Fino al 1930 si chiamava ufficialmente Ariano di Puglia, fino al 1868 soltanto Ariano (cfr. DT 38; vi si precisa: "Cittadina situata su tre colli, sullo spartiacque tra il bacino dell'Ùfita e quello del Cervaro..., è sede vescovile dal sec. XI (TCI, Camp. 435)".

 

Credo che la località visitata dal Kašić fosse Ariano. Se non fosse sceso da Bovino in valle, avrebbe potuto esserlo Villanova del Battista. Le rimanenti due colonie non lo sono state per due ragioni: sono abbastanza lontane dalla strada maestra (specie Ginestra degli Schiavoni); il Kašić ammette di esser entrato a Benevento dopo il cader del sole (nella stagione concreta, verso 18.30).

 

 

38. Un altro fiume o torrente di nome Volturno non esiste.

 

39. Cfr. nota 34.

 

40. Il fiume Calore ha, a sua volta, un affluente che si chiama Ùfita.

 

196

 

 

Se la prima parte della terza giornata ebbe inizio dopo una messa celebrata "assai per tempo" (forse prima delle sei) e se rincontro iniziò verso mezzogiorno e il pranzo durò almeno fino alle 14, il tempo usato per arrivare servendosi della strada meno cattiva dal luogo dell'incontro fino a Benevento "intra urbis moenia" (ca. 4 ore e mezzo) corrisponde ottimamente alle difficoltà superate (i 28 km all'incirca fra Bovino e Ariano durarono, per le difficoltà della salita nella zona dello spartiacque fra il Cervaro e il Miscano (e il suo affluente Ùfita), più che i 39 km fra Ariano e Benevento centro!

 

Per la quarta giornata che fu abbastanza comoda grazie a una "via regia" non precisata (si deve pensare a un massimo di una sessantina di chilometri) disponiamo soltanto di due informazioni: essa durò dalla prima mattinata fino alle ore 21. Volevano entrare quanto prima a Napoli (dove soltanto per il Kašić esisteva un posto letto nel Collegio dei Gesuiti) perché avevano appreso che chi vi entrava nel cuore della notte si esponeva al rischio di essere svaligiato nel senso etimologico della parola; [41] il Kašić nota che un viaggiatore a piedi (che incontrarono subito dopo esser usciti da Benevento) disse loro che avrebbero visto in breve un'alta montagna sulla cui cima viveva un gufo terribile da cui tale monte aveva preso il nome. [42] Sfortunatamente non sono riuscito a chiarire tale dato. L'unico monte che abbia un chiaro etimo "ornitologico" si trova quasi ad uguale distanza da due strade quasi parallele. [43]

 

Il soggiorno del Kašić a Napoli e il suo viaggio a Roma, iniziato l'undici ottobre 1613 attraverso Capua, non ci interessano in questa sede. [44]

 

 

          5. Compiti futuri.

 

            5. Le parlate croatomolisane sono, state studiate, negli ultimi quindici anni, anche dal punto di vista della linguistica di contatto insistendo sui cambiamenti non soltanto lessicali, dovuti a locutori trie (qualche volta anche) tetralingui (L 1 croato-molisano, L 2 italiano molisano, L 3 italiano standard, L 4 italo-albanese). [45] Come se ciò non bastasse, dal 1927 in poi, e in modo intensivo dal 1950 in poi, molti croatomolisani si sono trasferiti per sempre in Australia, dove i loro figli hanno imparato l'inglese.

 

 

41. Cfr. il modo con cui i tre viaggiatori reagirono a notizie apprese a Benevento: "Summo mane post nocturnam quietem celebrato divino Sacrificio discedendum fuit omnino, ne cogerentur intrare Neapolim noctu, quando latrunculi assuescunt surripere ex equis sarcinulas hippoperatisque, precidendo ligulas atque corrigias, quibus colligatae dependent hinc inde" (cfr. Vanino, 1940, 59).

 

42. "Enimvero, inquit iuvenis, mons vociferatur strigis cuiusdam, quae in montis vertice inhabitat; nemo audet mortalium sursum ascendere, neque ad colloquendum neque inde ad illam detrahendam hucusque ausus est accedere; quod si quis id attentaret, per circuitum tenebricosa nebula horrornem incutiebat tartareum accedenti (cfr. Vanino, 1940, 60).

 

43. Soltanto per una di queste catene montuose (o monti isolati) sono riuscito a trovare un etimo in parte soddisfacente. Per Monti d'Avella il DISC, s. v. avella (p. 228) rinvia a averla, meno freq. avelia, pop. verla s. f., "uccello dei Passeriformi, insettivoro e predatore, di medie dimensioni, con becco uncinato" (pp. 229), il cui etimo è incerto ("forse da lat. vis quěrula "uccello aggressivo, litigioso". Tale catena (la cui cima è di 1598 metri) si trova a sud del villaggio S. Martino Valle Caudina (cfr. Atlas 59 G3), dunque a NO della città di Avellino.

 

44. Cfr. Vanino (1940, 61). Vi si menzionano come stazioni VELITRI (it. Velletri) e TUSCULUM (le cui rovine sorgono presso l'odierna città di Frascati sui Colli Albani).

 

45. "Le comunità albanofone sono ancora segnalate in Molise a Montecilfone, Portocannone, Umri e, sia pure in condizione regressiva, a Campomarino (provincia di Campobasso)", cfr. Toso (2003, 64); v. anche Clissa (2001, 13).

 

197

 

 

J. F. Clissa, nato a San Felice del Molise nel 1949 da genitori croatomolisani, vive dal 1951 in Australia (Perth) alla cui Università si è laureato con un lavoro di magistero (Master ofArts), v. Clissa (1996); Muljačić (1996b). Secondo quanto mi ha detto, il numero dei croatomolisani passati in Australia equivale quasi a quello rimasto nel Molise. Questo idioma non fa parte soltanto di una "eteroglossia interna" (v. Bibliografìa, s. v. Toso, Fiorenzo) ma anche di una "Second Diaspora". Da qualche anno disponiamo di due ampi dizionari croatomolisani (manca soltanto quello della parlata di Stifilič), [46] di una breve grammatica della parlata di Kruč (Acquaviva Collecroce), attualizzata di fronte a quella di M. Rešetar, [47] delle descrizioni fonologiche delle parlate di Kruč e di Mundimitar (Montemitro), [48] di dati bibliografici non del tutto completi fino a scritti più recenti [49] di una serie di studi toponomastici [50] e contattologici [51] nonché di sguardi d'insieme sull'intero croatomolisano. [52] Alcune dissertazioni, purtroppo quasi tutte inedite, [53] stanno pure a disposizione degli studiosi.

 

Arricchimenti quantitativi, purtroppo finora soltanto demografici e onomatologici, saranno possibili per molte delle località a cui accennò il Rešetar grazie alla pubblicazione di nuove fonti d'archivio (non solo dei volumi II ss. di CB). Infine, come ci fa sperare A. Nesi, [54] dati finora del tutto ignoti su croati impiegati dai Medici per la trasformazione di un modesto villaggio (omonimo) nel porto moderno di Livorno (dal 1571 in poi) potranno essere scoperti

 

 

46. Cfr.: Breu/Piccoli, G. (2000), Piccoli, A./Sammartino, A. (2000) e la recensione per ambedue di Menac-Mihalié (2001). Si avvisa che i lemmi croatomolisani nel primo dizionario vengono spiegati in tre lingue (italiano, croato standard, tedesco, 1-268). La traduzione opposta è facilitata da tre "registri": Italiano -> na-našu (271-306), Croato -> na-našu (307-345), Tedesco -> na-našu (347-382). Nel secondo manca la componente tedesca (1-184). Seguono: Indice italiano / croato-molisano (187-244), Indice croato / croatomolisano (245-308), Toponimi di Montemitro (311-312), Altri toponimi (313), Nomi propri di persona (314), Soprannomi di famiglia (315) e Tavole (317-324). Clissa (2001, 251-283) ha pubblicato un modesto Molisan-Croatian/English vocabulary.

 

47. Cfr. Breu/Piccoli, G. (2000, 383-420; seguono Testi, tradotti in italiano, 421-444). V. anche Breu (1997a).

 

48. La Parte grammaticale di Breu/Piccoli, G. (2000) inizia con un breve capitolo di Fonetica e Fonologia (385-389). Per Mondimitro v. Piccoli, A. (1985). V. anche Breu (1991; 1999) e così pure Barone (1995; recensito da Muljačić, 1996c).

 

49. Cfr. Rešetar (1997, 286-294); Breu/Piccoli, G. (2000, 445-447); Lisac (2003, sporadicamente su pp. 69-76).

 

50. Si devono sopratutto a M. De Giovanni (che certi autori notano de Giovanni) (1974-1989). V. anche i numerosi lemmi firmati da C. Marcato (1990).

 

51. Nella Bibliografia ho citato soltanto gli studi di W. Breu a me accessibili. Ve ne sono parecchi altri figuranti in Breu/Piccoli, G. (2000, 445-446).

 

52. Cfr. Hozjan (1998); Breu (2002).

 

53. Cfr. Barone (1991, di cui una parte importante è stata pubblicata: Barone, 1995); Marra (1999) nonché le "tesi di laurea" (Diplomarbeiten) di A. Vetta (Roma, 1958); G. Piccoli (Roma, 1967); P. Piccoli (Urbino, 1976); A. Piccoli (Zagabria, 1993) (tutte notate in Rešetar, 1997, 293), di cui l'ultima fu tradotta (in A. Piccoli, 1995).

 

54. "... Livorno; oggi centro peschereccio a forte presenza meridionale, città nata durante il XVT secolo per volere dei Medici e insediata in modo composito (dalmati, greci, turchi, provenzali, eapocorsini)...", cfr. Nesi, 1997, 40. L'unica monografia citata a sostegno di tali asserzioni (Braudel, Fernand / Romano, R. (1951), Navires et marchandises à l'entrée du port de Livourne (1547-1611), Paris, A. Colin) mi è sfortunatamente inaccessibile.

 

198

 

 

(dubito che si trovino dei testi compilati in croato da questi bilingui ma sarà già abbastanza se apprendiamo qualcosa sui loro cognomi e nomi, mestieri e sim.). Infine, malgrado la distruzione degli archivi aragonesi di Napoli (per eventi bellici del 1943; molti documenti si sono però conservati in copia), spero che arricchiremo le nostre conoscenze su uno dei più grandi abitatori di Napoli, Benedikt Kotruljević (Benedetto Cotrugli), autore di un celebre trattato sull'arte della mercatura, terminato da lui "apud castrum Serpici dum epidimia vexat urbem Neapolìtanam MCCCCLVIII, die XXV augusti”, [55] e forse anche su alcuni altri croati di Dubrovnik, suoi amici o conoscenti. Non vi si tratta però di masse di profughi o immigrati "economici".

 

 

Opere consultate

 

Atlas -> Italie/Italien (1993).

 

BARONE, Charles (1991), Une situation du trilinguisme: L'enclave croate d'Acquaviva Collecroce. Grenoble (Thèse de doctorat, inédit).

 

BARONE, Charles (1995), La parlata croata di Acquaviva Collecroce. Studio fonetico e fonologico, Firenze, Leo S. Olschki Editore, pp. 206 (Accademia toscana di scienze e lettere "La Colombaria", Studi CXLVI).

 

BREU, Walter (1990), "Sprache und Sprachverhalten in den slavischen Dörfern des Molise (Süditalien)", in: Breu, Walter (a cura di), Slavistische Linguistik 1989, München, 35-65.

 

BREU, Walter (1991), "Abweichungen vom phonetischen Prinzip bei der Integration von Lehnwortern", in: Hartenstein, Klaus - Jachnow, J. (a cura di), Slavistische Linguistik 1990, München, 36-69.

 

BREU, Walter (1992), "Das italokroatische Verbsystem zwischen slavischem Erbe und kontaktbedingter Entwicklung", in: Reuther, Tilmann (a cura di), Slavistische Linguistik 1991, München, 93-122.

 

BREU, Walter (1993a), "Italoslavo e italoalbanese nella zona di contatto linguistico del Molise", in: Landi, Addolorata / Del Puente, Patrizia (a cura di), La Stratificazione del Lessico Albanese. Atti del III Convegno internazionale di Studi sulla lingua Albanese, Fisciano, 2-4 dicembre 1991, Salerno, 87-103.

 

BREU, Walter (1993b), "Verben der Fortbewegung im Italokroatischen in vergleichender Sicht (Morphologie, Funktionen, Entlehnungen, Rektion)", in: Kempen, Sebastian (a cura di), Slavistische Linguistik 1992, München, 9-41.

 

BREU, Walter (1995), "Aspekte der Deklination im Moliseslavischen", in: Weiss, Daniel (a cura di), Slavistische Linguistik 1994, München, 65-96.

 

BREU, Walter (1996), "Überlegungen zu einer Klassifizierung des grammatischen Wandels im Sprachkontakt", in: Haase, M. / Nau, N. (a cura di), Akten der Arbeitsgruppe Sprachkontakt bei der Tagung der Deutschen Gesellschaft fur Sprachwissenschaft, Munster, 1994, in: STUF (Sprachtypologie und Universalienforschung, Berlin), 49:1, 21-38.

 

BREU, Walter (1997a), "Nekoliko napomena o gramatici moliškohrvatskog dijalekta sela Kruč (Acquaviva Collecroce, Italija)", in: Damjanović, Stjepan et alii (a cura di), Prvi hrvatski slavistički kongres. Zbornik radova I., Zagreb, 431-438 (Tale congresso ebbe luogo a Pula/Pola dal 19 al 23 settembre 1995).

 

BREU, Walter (1997b), "Italienisch - Rroatisch", in: Goebl, Hans et alii (a cura di), Kontaktlinguistik. Contact Linguistics. Linguistique de contact..., 2, Berlin - New York, Walter de Gruyter, 1362-1366.

 

BREU, Walter (1999), "Phonologie und Verbkonjugation im Moliseslavischen", in: Rathmayr, Renate / Weitlaner, R. (a cura di), Slavistische Linguistik 1998, München, 47-76.

 

BREU, Walter (2002), "Moliseslawisch", in: Miloš Okuka unter Mitwirkung von Gerald Krenn (a cura di), Lexikon der Sprachen des europäischen Ostens, Klagenfurt/Celovec, Wieser Verlag, 315-317 (Wieser Enzyklopädie des europäischen Ostens, Band 10).

 

 

55. Sotto i ruderi del paese antico che sorgono sulla collina vicina detta Sèrpico (il TN è documentato in CG, aa. 1150-1168) sorge ora a 480 m s. m. il centro comunale Sorbo Sèrpico (Avellino) che prima del R. D. 14.12.1862 si chiamava Sorbo. Da Napoli dista all'incirca 50 km (v. Atlas, 59 H3; cfr. C. Marcato, "Sorbo Sèrpico", DT, 632).

 

199

 

 

BREU, Walter - Giovanni PICCOLI, con la collaborazione di Snježana MARČEC (2000), Dizionario croato molisano di Acquaviva Coilecroce. Dizionario plurilingue della lingua slava della minoranza di provenienza dalmata di Acquaviva Coilecroce in Provincia di Campobasso. Dizionario, registri, grammatica, testi, Campobasso, pp. XXTV-447.

 

CAPALDO, Mario (1979), "Slavi balcanici in Italia meridionale tra il VII e il XVI secolo. Sintesi storiografica e prospettive di ricerca", in: Raffo, A. M. (a cura di), Studi slavistici in onore di Carlo Verdiani, Pisa, 55-64.

 

CAPPELLO, Teresa / TAGLIAVINI, Carlo (1981), Dizionario degli etnici e dei toponimi italiani (DETI), Bologna, Pàtron Editore.

 

CB -> Jamison, E. (a cura di) (1972 ss.).

 

CLISSA, John Felix (1996), Language shift and diglossia among the Italo-Croatian migrants from the Molise in Western Australia, Perth, University of Western Australia (Master of Arts, unpublished).

 

CLISSA, John Felix (2001a), The Fountain and thè Squeezebox (La Fontana e L'Organetto / Funda aš Orginet), West Perth, Picton Press, pp. VI-290.

 

CLISSA, John Felix (2001b), "Migracije moliških Hrvata u Zapadnu Australiju", Hrvatski iseljenički zbornik 2002, Zagreb, 190-202.

 

COLAMONICO, Carmelo (19512), "Ginestra degli Schiavoni", Enciclopedia italiana dì scienze, lettere ed arti, XVII, Milano - Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana (prima ristampa), 125.

 

D'AMATO, A. (1976), "Un'antica colonia dalmatina nell'Irpinia: Villanova del Battista", Folclore Italiano, IV, Catania, 2.

 

DE GIOVANNI, Marcello (1974), Studi linguistici, Verona - Pescara. Anteditore - Istituto di Studi Abruzzesi.

 

DE GIOVANNI, Marcello (1986), Per la storia linguistica dell'Italia centro-meridionale, Chieti, Vecchio Faggio.

 

DE GIOVANNI, Marcello (1987), "Il contributo della toponomastica al problema della presenza slava nell'area medioadriatica centrale", in: Holtus, Gùnter / Kramer, Johannes (a cura di), Romània e Slavia Adriatica. Festschrift für Žarko Muljačić, Hamburg, Helmut Buske Verlag, 431-454.

 

DE GIOVANNI, Marcello (1989), Kora. Storia linguistica della provincia di Chieti, Chieti, Vecchio Faggio.

 

DETI -> Capello, Teresa / Tagliavini, Carlo (1981).

 

DT -> Gasca Queirazza, Giuliano et al. (a cura di) (1990).

 

FINAMORE, E. (1964), Origine e storia dei nomi locali campani (saggio di toponomastica), Napoli, Arcolaio.

 

FINAMORE, E. (1980), I nomi locali italiani. Origine e storia, Rimini, Ed. Nuovo Frontespizio.

 

GASCA QUEIRAZZA, Giuliano / MARCATO, Carla / PELLEGRINI, Giovan Battista / PETRACCO SICARDI, Giulia / ROSSEBASTIANO, Alda (a cura di) (1990), Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino, UTET.

 

GENOVA, A. (1990), Ko jesmo... bolje: Ko bihmo?! - Fiabe, fatti di cronaca, testimonianze, poesie, fonetica - scritti in Naš Jezik; Croato (ikavo-stokavo) Molisano, Vasto, Renato Cannarsa.

 

GENTILE, A. (1959), "Un riscatto all'insegna della toponomastica: da Schiavi a Liberi", in: Ioanne Dominico Serra ex munere laeto inferiae. Raccolta di studi linguistici in onore di Gian Domenico Serra, Napoli, Liguori, 177-186.

 

HORVAT, Vladimir (1999), Bartol Košić - otac hrvatskoga jezikoslovlja, Zagreb, Sveučilište u Zagrebu. Hrvatski studiji - Studia Croatica.

 

HOZJAN, Snježana (1998), "Južna Italija", u: Lončarić, Mijo (a cura di), Hrvatski jezik, Opole, 279-286.

 

Italie/Italien. Atlas (1993), Novara, Istituto Geografico De Agostini - Hallweg, AG Bern.

 

JAMISON, E. (a cura di) (1972 ss.), Catalogus Baronum, Iss., Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo.

 

JURLARO, R. (1966), "Gli Slavi a Brindisi fino al XVIII secolo", in: Das östliche Mitteleuropa in Geschichte und Gegenwart. Acta Congressus historiae Slavicae Salìsburgensis in memoriam ss. Cyrilli et Methodii anno 1963 celebrati, Wiesbaden, 149-162.

 

KAČUROV, I. (1995), Baština Moliških Hrvata. Il Patrimonio Culturale dei Croati Molisani, Zagreb, Marabu.

 

LISAC, Josip (2003), Hrvatska dijalektologija, 1. Hrvatski dijalekti i govori štokavskog narječja i hrvatski govori torlačkog narječja, Zagreb, Golden marketing - Tehnička knjiga (particolarmente pp. 50-76).

 

MARCATO, Carla (1990a), ''Acquaviva Coilecroce", DT, 1.

 

MARCATO, Carla (1990b), "Casacanditella", DT, 149.

 

MARCATO, Carla (1990c), "Casamarciano", DT, 154.

 

MARCATO, Carla (1990d), "Castellùccio dei Sàuri", DT, 170.

 

MARCATO, Carla (1990e), "Castelmàuro", DT, 171.

 

MARCATO, Carla (1990f), "Castelnuovo della Dàunia", DT, 173.

 

MARCATO, Carla (1990g), "Fontechiari", DT, 279.

 

MARCATO, Carla (1990h), "Ginestra (Pz)", DT, 306.

 

MARCATO, Carla (19901), "Ginestra degli Schiavoni", DT, 306.

 

MARCATO, Carla (1990j), "Lésina", DT, 351.

 

MARCATO, Carla (1990k), "Lìberi", DT, 353.

 

200

 

 

MARCATO, Carla (19901), "Mafalda", DT, 368-369.

 

MARCATO, Carla (1990m), "Montemitro", DT, 419.

 

MARCATO, Carla (1990n), "Mozzagrogna”, DT, 433.

 

MARCATO, Carla (1990o), "Palata", DT, 468.

 

MARCATO, Carla (1990p), "Pèschici", DT, 483-484.

 

MARCATO, Carla (1990q), "Petacciato", DT, 485.

 

MARCATO, Carla (1990r), "San Felice del Molise", DT, 573-574.

 

MARCATO, Carla (1990s), "San Giacomo degli Schiavoni", DT, 575.

 

MARCATO, Carla (1990t), "San Vito dei Normanni", DT, 603-604.

 

MARCATO, Carla (1990u), "Schiavi di Abruzzo", DT, 612.

 

MARCATO, Carla (1990v), "Tufino", DT, 672.

 

MARCATO, Carla (1990x), 'Villanova del Battista", DT, 706.

 

MARRA, A. (1999), Il sistema dei casi nel nanaš dei Croati Molisani. Processi di mutamento, decadenza e morte dì una lingua, Università di Pavia. Dissertazione non pubblicata.

 

MATTIA, G. / MATTIA, R. (a cura di) (1999), Molise, una regione da scoprire. Arte, storia, tradizioni, Campobasso.

 

MENAC-MIHALIĆ, Mira (2001), "Dva moliškohrvatska rječnika", Hrvatski iseljenički zbornik 2002, Zagreb, 111-119.

 

MULJAČIĆ, Žarko (1973a), "Problemi della simbiosi slavo-romanza nell'Adriatico", in: Cortelazzo, Manlio (a cura di), Miscellanea II, Udine, Arti Grafiche G. Fulvio, 21-39 (Università di Trieste. Pubblicazioni della Facoltà di lingue e letterature straniere con sede a Udine, 2).

 

MULJAČIĆ, Žarko (1973b), "Su alcuni effetti del bilinguismo nella parlata dei croati molisani", in: Atti VIII CSDI, Pisa, 29-37.

 

MULJAČIĆ, Žarko (1986), "Elementi slavi nei dialetti italiani”, in: Elementi stranieri nei dialetti italiani, 1. Atti del XIV Convegno del C.S.D.I. (Ivrea, 17-19 ottobre 1984), Pisa, Pacini Editore, 127-152.

 

MULJAČIĆ, Žarko (1996a), "Introduzione all'approccio relativistico", Linguistica Pragensia, VII:2, 87-107.

 

MULJAČIĆ, Žarko (1996b), "Recensione di J. F. Clissa (1996)", Hrvatska obzorja, IV:2, 456-458 (N. B. in croato).

 

MULJAČIĆ, Žarko (1996c), "Recensione di Ch. Barone (1995)", Čakavska rič, XXIV:1-2, 189-190 (N. B. in croato).

 

NESI, Annalisa (1997), "I dialetti e il mare: area alto tirrenica", in: Marcato, Gianna (a cura di), I dialetti e il mare. Atti del Congresso internazionale di studi in onore di Manlio Cortelazzo, Chioggia, 21-25 settembre 1996, Padova, Unipress, 33-47.

 

PERRONE CAPANO, R. (1963), "Sulla presenza degli Slavi in Italia e specialmente nell'Italia meridionale", in: Atti dell'Accademia Pontaniana, N. S. XII, 1-34.

 

PICCOLI, Agostina (1995), "Fonološki prikaz govora u Mundimitru", Hrvatska obzorja, IV, 877-896.

 

PICCOLI, Agostina (1998), "Prelazak riječi u pasivni sloj u govoru moliških Hrvata", Filologija, 30-31, 501-507.

 

PICCOLI, Agostina (1999), Ali tagliate. Parole di un libro incompiuto / Podrezana krila. Riječi nedovršene knjige, Vasto (a cura di A. Sammartino).

 

PICCOLI, Agostina / SAMMARTINO, Antonio (2000), Dizionario dell'idioma croato-molisano di Montemitro / Rječnik moliškohrvatskoga govora Mundimitra. Redazione della parte fonematica e croata... Snježana Marčec - Mira Menac Mihalió, Montemitro - Zagreb, Fondazione "Agostina Piccoli" - Matica hrvatska, XXXII-327.

 

RD -> Ratìones Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV..., I ss., Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1933-1952.

 

REŠETAR, Milan (1997), Le colonie serbocroate nell'Italia meridionale. Traduzione italiana, prefazione, note, bibliografia a cura di Walter Breu e Monica Gardenghi, Campobasso, Amministrazione Provinciale Campobasso, XVI-294. N. B. L'originale tedesco Die serbokroatischen Kolonien Süditaliens. Mit 22 Abbildungen im Texte, Wien, Kaiserliche Akademie der Wissenschaften, 1911 non conteneva le due appendici bibliografiche: "I. Libri e saggi citati dal Prof. Rešetaf (288-290); "II. Bibliografia aggiornata" (290-294), compilate da W. Breu e M. Gardenghi.

 

SRŠAN, Stjepan (prev.) (1999), Život Bartola Kašica, Osijek, Matica hrvatska.

 

SUJOLDŽIĆ, Anita / FINKA, Božidar / ŠIMUNOVIĆ, Petar / RUDAN, Pavao (a cura di) (1987), "Jezik i porijeklo stanovnika slavenskih naseobina u pokrajini Molise, Italija", Rasprave Zavoda za jezik, 13, 117-145.

 

TELMON, Tullio (1992), "I croati", in: Telmon, Tullio, Le minoranze linguistiche in Italia, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 57-61, 190-191.

 

TOSO, Fiorenzo (2003), "Croato", in: Orioles, Vincenzo (a cura di), Le minoranze linguistiche e quadro dei documenti di tutela, Roma, Il Calamo, 67-69.

 

TCI -> Touring Club Italiano. Nel DT (1990, XXVI-XXVII) sono state utilizzate ben 24 Guide descriventi tutte le regioni italiane e, qualche volta, le grandi città e i loro dintorni.

 

201

 

 

VANTNO, Miroslav (1940), "Autobiografia Bartola Kašica. Za tisak priredio i bilješkama popratio Dr. Miroslav Vanino D. I.", Grada za povijest književnosti hrvatske, Knjiga XV, JAZU, 1-144.

 

N. B. Il saggio di F. Toso (2003) fa parte di una delle dodici "Schede sulle minoranze tutelate dalla Legge 482/1999" (ib., 63-95) pubblicate dallo stesso Autore. A lui si deve pure un terzo delle "Schede sulle eteroglossie interne", ossia: "3. Tabarchini di Sardegna" (ib., 102-104). Tale neologismo sta sostituendo il termine provvisorio minoranza nella minoranza. Il tabarchino è un idioma ligure, parlato su due isolotti nella Sardegna sud-occidentale. Si tratta di ex marinai e soldati genovesi che la Repubblica di Genova vi ha insediato nel Settecento dopo lo sgombero dell'isola di Tabarca, una base militare in Tunisia.

 

 

Povzetek

NOVI PODATKI O HRVAŠKIH NASELBINAH V JUŽNI ITALIJI

 

 

Pri zadnjem popisu prebivalstva v Italiji je 2081 prebivalcev treh vasi v deželi Molise, v pokrajini Campobasso (Kruč/Acquaviva Collecroce, Mundimitar/Montemitro, Stifilič/San Felice del Molise) izjavilo, daje njihov L1, torej materni jezik, hrvaščina (croato molisano, nekateri italijanski jezikoslovci so za ta govor uporabili nov glotonim, slavisano). Ražen tega poznajo (kot L2, itd.) skoraj vsi regionalni govor in standardno italijanščino, nekateri od njih so se v soli spoznali tudi s standardno hrvaščino. Je pa tudi nekaj takih, ki so v stalnem stiku s sosednjimi Albanci (beg pred Turki v 15, stol., podobno kot predniki Hrvatov). Od leta 1951 dalje se zaznava masovna izselitev v Avstralijo. Tako je npr. eden od najpomembnejših kroatistov naše dobe John Felix Clissa, rojen leta 1949 v kraju San Felice di Molise, prišel v Perth in tam magistriral s temo iz zgodovine rojstnega kraja ter objavil tuđi pomembno monografijo in nekaj studij, ki se ukvarjajo s to sekundarno diaspora in skušajo ohraniti moliško hrvaščino. Število teh govorcev ni dosti manjše kot tisto v deželi Molise, treba pa je upoštevati močno razseljenost in čisto drugačne razsežnosti, pa še popolno premoč dominantnega jezika.

 

Moliška hrvaščina ne pozna starih besedil. Metode klasične dialektologije in primerjalnega jezikoslovja so malo primerne in se umikajo teoriji in praksi primerjave jezikov v stiku in s tem tudi v konfliktnih, zelo zapletenih situacijah. Italijansko jezikoslovje je že uvedlo nov izraz eteroglossia interna.

 

V Rešetarjevem času (gl. njegovo monografijo Die serbokroatischen Kolonien Suditaliens, Wien 1911) se je ražen navedenih treh še raziskovalo v nekako 70 kolonijah, vseh v južni Italiji, kjerje bil hrvaški jezik tedaj še živ ali vsaj deloma živ. Večina le-teh je bila, razumljivo, blizu Jadrana. Najprej so z islamizacijo ugasnile tište na Siciliji (žive še v 10. stoletju). Avtor je pretehtal podatke o kolonijah v Kampaniji; največ jih je bilo v gričevju, v bližini razvodij. Na to ga je navedel zapis Bartola Kašića (Pag, 1575 - Rim, 1650), jezikoslovca, prevajalca, slovničarja, avtorja prve hrvaške slovnice, Romae MDCIIII. Ta se je po skoraj štiriletni misiji v Dubrovniku in v nekaterih predelih Otomanskega cesarstva (1609–1613) vrnil v Rim, najprej z ladjo do Barlette, potem pa na konju po poti Cerignola - Orta Nova - Bovino - Benevent - Neapelj. Po postanku je šel preko Capue, Velletrija in Frascatija v Rim. Med Bovinom in Beneventom je v neki vasi poprosil nepoznano kmetico, naj mu da kaj jesti. Najbrž je bilo to v hrvaški koloniji Arianu (Irpinia). V svoji latinsko pisani avtobiografiji (Vita) je Kašić na celi strani obnovil pogovor z nekim Hrvatom iz te vasi: to je obenem najstarejša "samopredstavitev" neke hrvaške kolonije.

 

Kot naslednjo nalogo vidi avtor raziskavo vloge Hrvatov pri nastajanju Livorna (od leta 1571 dalje).

 

 

[Back to Index]