Associazione culturale Archeoidea

 

 

ISERNIA DAL V AL XVIII SECOLO

 

di Claudio Palumbo

 

Magazine ArcheoMolise gennaio/aprile 2018, № 30 - anno IX

 via Francesco Longano 58, 86100 Campobasso

 

 

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Lo scenario socio-politico che si dimostra dal passaggio dall’età tardo antica a quella altomedioevale - i secoli dal V al VII d.C. - è prevalentemente caratterizzato da una sorta di perdurante caligine, lenta a fugarsi, se si considera solo come dodici anni di permanenza dei Visigoti, due dei Vandali, diciassette degli Eruli, quarantasette dei Goti, trenta dei Greci, assieme all’impeto della prima avanzata longobarda, certamente non contribuirono alla prosperità delle nostre popolazioni.

 

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Il monogramma di Isernia nella pergamena del giudice Rampini, anno 1221 (Archivio Storico Capitolare). Dalla intersezione dell'asta di destra della lettera y con lo lettera s, la città ricaverà il monogramma abbreviato in uso anche ai nostri giorni. Probabilmente la stesso Pietro dei Morrone ne trarrà ispirazione per io stemma dell'Ordine da lui fondato.

 

Monogramma di Isernia, dalla pergamena del giudice Rampini (1221) custodita nell’archivio capitolare. Si noti l’incrocio della S con l’asta lunga della Y, da cui ha preso origine il monogramma delle due lettere intrecciate I ed S e, probabilmente, ha dato ispirazione anche allo stemma dei Celestini: una croce con una S intrecciata (la congregazione celestiniana fu approvata da papa Gregorio X nel 1274).

 

 

Le parole di San Gregorio Magno valgono più di qualsivoglia altra disamina:

 

Ecco, tutto in Europa è abbandonato al diritto dei barbari. Distrutte le città, smantellate le fortezze, spopolate le provincie, nessun coltivatore abita la terra, ogni giorno i cultori di idoli incrudeliscono e spadroneggiano uccidendo sia i fedeli, sia i sacerdoti che piangenti debbono prostrarsi sul pavimento e sulla cenere, quando non ambiscono per sé nomi vanitosi e si gloriano di nuove e profane parole (Cf. Epist. V, 20).

 

Isernia non è immune dalle tristi vicende accennate. Nella seconda metà del V secolo conosce la furia devastatrice dei Vandali di Genserico e nella prima metà del VI secolo, pur aprendosi spontaneamente dinanzi alle truppe del generale Belisario, inviato dall’imperatore Giustiniano a spazzare le ultime presenze di Eruli, Goti e Rugi, sostanzialmente non conosce una significativa ripresa, per la quale bisognerà attendere l’età longobarda, con l’arrivo dello slavo Alczeco, iniziatore, com’è noto, nella seconda metà del VII secolo, di quel gastaldato del ducato di Benevento (poi comitatus nell’età del principato di Benevento), territorio compreso da Sepino a Isernia - con la centralità di Boiano - che successivamente, in età normanna, diventerà il Comitatus Molisii. La nascita del gastaldato longobardo di Isernia risale al 667. La città divenne un centro di sempre maggiore importanza e prestigio, anche per l’innegabile contributo dei monaci benedettini, ai quali i longobardi concedono terre e privilegi a motivo della loro importante opera religiosa e civilizzatrice. L’istituzione della grande abbazia ad fontes Vulturni, agli inizi dell’VIII secolo d.C., e la vicinanza di Montecassino, garantiranno questa imponente e vitale opera nelle nostre popolazioni. Al giugno del 766, come da documento del Chronicon vulturnense, è attestata l’esistenza del monastero di Santa Maria delle Monache, notevole complesso monastico benedettino femminile, del quale oggi possiamo ammirare solo quanto l’ultimo conflitto mondiale ci ha lasciato. In tale data il duca di Benevento, Godescalco, dona al monastero alcuni beni, a vantaggio della moglie Anna, desiderosa di ritirarsi tra le mura del cenobio, e dei servi del monastero. Stando ad una bolla, di discutibile autenticità, di papa Giovanni IV, il monastero di S. Maria sarebbe stato edificato al tempo di Arechi I di Benevento (594-604) e posto, assieme alla popolazione che vi gravitava intorno, sotto il patronato di Landenolfo.

 

Quanto alla istituzione di una sede vescovile questa, a dire del Mattei, sarebbe già attestata alla fine del V secolo per la presenza alle note due assisi conciliari romane, indette da papa Simmaco per gli anni 499 e 501, rispettivamente dei vescovi Mario e Innocenzo. Il Lanzoni, invece, stante l’insicura identificazione dei citati vescovi per Isernia, vedrebbe più probabile come data di battesimo storico della diocesi il VII secolo, a motivo della successione episcopale iserniense che mostra, a partire da questa epoca, una sua costante successione. Nondimeno, gli scavi effettuati sotto il pavimento della Cattedrale negli anni Ottanta del Novecento hanno riportato alla luce un battistero di epoca paleocristiana, segno tangibile non solo di una comunità di cristiani ma anche di una ecclesia sede di episcopus. Quanto alla esistenza di cristiani in loco, è da precisare che questa è sicuramente datata al I sec. d. C. grazie al nome di Maria Felicula, presente nella iscrizione del medico e seviro augustale Marius Ialysius, iscrizione rinvenuta nella citata campagna di scavi, fortunatamente letta e pubblicata da Marco Buonocore, prima che la conservazione nei magazzini della Soprintendenza la sottraesse visivamente (almeno fino a questo momento) all’attenzione degli studiosi, come al luogo del suo originario rinvenimento.

 

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Calamità naturali e sociali pesano non poco sulla contestuale lenta ripresa delle popolazioni del nostro territorio, nel periodo posteriore alla istituzione del gastal- dato iserniense. Da ricordare almeno il terremoto dell’847, la distruzione operata dai Saraceni nell’860 - venti anni prima dell’altra terribile carneficina che segnerà irreparabilmente il declino del cenobio di S. Vincenzo al Volturno - e lo smembramento del ducato longobardo di Benevento dal quale si distaccheranno Salerno nell’849 e Capua nell’860, dalla quale ultima Isernia avrà riconosciuta la prerogativa di contea. Proprio nel 964 - come leggiamo nella coeva pergamena gelosamente custodita nell’archivio capitolare della cattedrale - Pandolfo I Capodiferro, principe di Capua, assegna al cugino Landolfo il Greco, il comitato (contea) di Isernia «integram Civitatem Iserniensem cum tota pertinentia sua», come donazione, scevra perciò da qualsiasi dipendenza vassallatica (seppure dentro uno stato centrale), di un ampio territorio le cui estremità si ricongiungevano nel monte Miletto (Matese), dopo aver toccato Castelpe- troso, Macchiagodena, l’Alto Trigno, Staffoli, Capracotta, Sant’Angelo del Pesco, il fiume Sangro, Pizzone, il Volturno e il torrente Sava, Gallo Matese, Secine (tra Letino e Roccamandolfi). A Landenolfo, figlio di Landolfo il Greco, e alla moglie Gemma dobbiamo vantaggiosi interventi urbanistici, quali la ristrutturazione del monastero di Santa Maria delle Monache e la migliore organizzazione del borgo Sant’Angelo - Porta Castello. Dopo quello voluto dal Capodiferro, un nuovo disegno circoscrizionale riguarderà più tardi la diocesi. Nel 1032, infatti, sotto il vescovo Gerardo e per decreto, da alcuni assegnato al 1048, dell’arcivescovo metropolita Atenolfo di Capua (Isernia è stata suffraganea di questa sede metropolitana fino al 1976), ecco la formazione di una macrodiocesi, creata per raggruppamento delle sedi vescovili di Venafro, Boiano e San Vincenzo al Volturno, sotto l’unico vescovo Gerardo di Isernia.

 

Con l’avvento dei Normanni, dopo i terremoti del 1120 e 1139, e con l’istituzione, da parte di questi nuovi signori d’oltralpe, della contea di Molise (de Mulisio, 1142), Isernia viene racchiusa in questa nuova circoscrizione e conosce nuovamente quel rapporto feudale vassallitico sul quale si basa il progetto di unificazione della nostra penisola sotto la monarchia normanna.

 

Particolare dell’antico monastero celestiniano (1272) in località Santo Spirito. (foto d’archivio)

 

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Non c’era più spazio per quell’orgoglio di autonomia e di progettualità goduto liberamente fino a questo momento. Né la città poteva illudersi di recuperare lo status quo ante con la venuta degli Svevi. Dopo la distruzione operata da Marcovaldo di Annweiler, conte di Molise, nel 1199, le cose andarono peggio. Già immiserita da continui assedi, incendi e spoliazioni, già spremuta da pesanti balzelli, Isernia, nel periodo 1221-1223, essendosi apertamente schierata con la parte guelfa legata al conte Tommaso di Celano, conte di Molise, aveva sperimentato sulla sua pelle l’infausta costituzione De novis aedificiis del 1221, con la quale Federico II aveva ordinato la distruzione di tutti gli edifici di guerra sorti nel regno a partire dalla morte del suo cugino Guglielmo il Buono, rimanendo priva anche degli edifici realizzati in età romana e longobarda, oltre che smantellate le sue mura e incendiato l’intero abitato. Il triste spettacolo di una città pressoché desolata dové presentarsi agli occhi di Francesco di Assisi, giunto a Isernia nella Pasqua del 1222, per fondarvi un convento dei suoi frati dedicato a Santo Stefano, di ritorno dal pellegrinaggio al Monte Gargano, secondo quanto documentato dal massimo editore degli Annali francescani, fra Luca Wadding. Sempre fedelissima alla causa guelfa, Isernia reagisce a questo stato di cose. Morto il conte Tommaso, nel 1254, Ruggero da Celano, suo figlio, dietro insistenti reclami, rientra nel possesso effettivo dei beni del padre. Manfredi di Svevia (1232 - Benevento 1266), reggente dal 1254, confermerà Ruggero nel possesso della contea di Isernia ed il conte, il 19 ottobre 1254

 

«attendentes pure fidei constantiam et devotionem specialem quam universi et singuli homines civitatis nostre Ysernie fideles nostri ... nitu dilucidarunt hactenus»,

 

premierà la tradizionale fedeltà di Isernia ai da Celano con un privilegio in favore del popolo, dei singoli cittadini, della chiesa cattedrale, del clero, dei cavalieri, secondo il documento custodito nell’archivio capitolare. Ma ciò renderà insofferente lo Sparvara, giustiziere e regio capitano del Molise che, ad arte, inventando pretestuosamente macchinazioni antisveve da parte di Isernia, avrà nel 1256 mano libera da Manfredi per una incursione punitiva nella nostra città, formalmente accusata di fedeltà al papa e ai da Celano e di ribellione allo stesso Manfredi, principe di Taranto. Venivano così rase al suolo le ultime rimanenze delle sue mura, molto probabilmente nel luglio di quel 1256, nel contesto di analoghe distruzioni perpetrate dal bollente giustiziere contro le vicine città di Sora e di Arce.

 

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Veduta della Chiesa della Concezione con fontana Fraterna. La tradizione indica questo luogo come quello della casa natale di S. Pietro Celestino V (foto: F. de Vincenzi).

 

 

Da questo sofferto e lacerato immediato contesto storico - fin qui molto sommamente descritto - proviene la campana della chiesa di San Francesco a Isernia, del 1259, opera di un meglio precisato Magister Johannes, recentemente rimossa dal campanile e restaurata, per la sponsorizzazione del Rotary Club di Isernia e l’opera della Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone, e collocata, per beneplacito della Curia Diocesana, nella detta chiesa per essere ammirata dagli studiosi. Non si arresta tuttavia la crescita culturale della città, sovente sotto l’egida della Chiesa, la quale, nel 1267 erige il monastero dei francescani Conventuali (San Francesco), nel 1272 quello di S. Spirito dei Celestini, e nel 1275 la chiesa della Concezione, in quel luogo dove la tradizione vuole sorgesse la casa di Pietro Angelerio del Morrone/Papa Celestino V († 1296), somma gloria di Isernia e dell’intera Diocesi. Proprio al fervore caritativo e sociale di Pietro del Morrone, si deve, il 1 ottobre 1289, con gli statuti del vescovo Roberto di Isernia, la nascita della Fraterna, associazione confraternale di fedeli laici, che intendono operare «in uno coniuncti glutino caritatis», risorta ai nostri giorni sotto l’impulso dei vescovi Ettore Di Filippo (1986) e Andrea Gemma (1997).

 

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Veduta dell’antico primitivo monastero celestiniano (1272) in località Santo Spirito. (foto d’archivio)

 

Il monastero celestiniano in località Santo Spirito in una suggestiva foto storica. (foto d’archivio)

 

 

Nell’età degli Anjou Isernia è ben nota negli ambienti della scuola giuridica napoletana per l’apporto scientifico di distinti suoi figli. Benedetto di Isernia (Petrus de Ibernia?), professore nell’Università di Napoli fin dalla sua fondazione (1224), maestro di San Tommaso d’Aquino e ambasciatore imperiale presso l’irriducibile avversario di Federico II, papa Gregorio IX; Enrico di Isernia, esule dal Regno e maestro a Praga alla corte di Ottokar II (1230-1278); Andrea d’Isernia, insigne docente all’università di Napoli «theologus maximus» e «utriusque iuris monarca». E, sempre al trapasso dagli Svevi agli Angioini, ecco altre illustri famiglie di giuristi isernini tra cui i Rampino, gli Alferio - cui nel 1309 dobbiamo l’erezione della chiesa e monastero delle Clarisse a Santa Chiara - per terminare con Roberto di Isernia, apprezzato consigliere della regina Giovanna I (1326-1382).

 

Territorio regio sotto gli Svevi - cioè dipendente unicamente dal re - dal secolo XIII la storia di Isernia si fonde con quella del Regno di Napoli, mentre in una articolata teoria di passaggi dinastici feudali (da Raimondo Berengario d’Angiò agli inizi del XIV a Giacomo di Marzano, fine del XIV) la città si prepara a ricevere da Alfonso I d’Aragona (1396-1458) il privilegio di città regia in perpetuo, privilegio che dovrà essere più volte confermato, così come accadrà con Giovanna d’Aragona (1507) e con Carlo V (1521), nell’età in cui fiorirono gli illustri Onorato Fascitello (1502-1564), Fabrizio d’Afflitto (1573-1613), Ottaviano Iannotta e i Sanfelice, che conoscono ora l’apogeo della loro famiglia, e nell’insieme della snervante alternanza tra i passaggi ora al regime feudale, ora al regio demanio.

 

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Antica veduta di piazza Cattedrale (sec. XIX), oggi piazza Andrea d’Isernia. (foto d’archivio)

 

 

Notevolmente debilitata dal terremoto del 1456, nonché dall’assedio degli Angioini, nel 1463 Isernia riceve dagli Aragonesi sostegno per la ricostruzione e incentivi per la ripresa economica, con agevolazione di mutui ed esenzioni fiscali. Nel 1463 Ferdinando I d’Aragona autorizza le autorità locali a coniare moneta propria e concede la fondazione di un Banco di prestiti stabilendo su questi un tasso d’ interesse non superiore al 2%. Ancora nel 1632, allo scopo di impedire il ritorno della città al regime feudale e di salvaguardarne il privilegio di città regia, i maggiori della città si preoccuparono di versare al Regio Fisco la somma di seimila ducati, con operazione non andata a segno per il fallimento del banco ove la somma era stata depositata e con conseguente esposizione della città all’asta nel 1638 e vendita al duca Greco nel 1643 e rivendita da parte di questi a don Diego D’Avalos nel 1644: l’anno in cui l’arciprete della cattedrale Gianvincenzo Ciarlanti «iuridicus eximius veridicus historicus», come ce lo ricorda la sua lapide obituale nella cripta dei vescovi, dava alla luce le sue immortali Memorie Historiche del Sannio.

 

Il XVII secolo si conclude con il funesto terremoto del 5 giugno 1688 e con sostanziali modifiche alla circoscrizione diocesana che vede, assieme alla separazione delle diocesi di Boiano e di Venafro, quella di san Vincenzo al Volturno. Sotto l’episcopato di mons. Biagio Terzi, già monaco cassinese, ben 12 paesi, fino ad allora appartenenti alla plaga vulturnense (dunque a Isernia), vengono ceduti a Montecassino in cambio della sola Pesche, con procedura scevra da ogni autorizzazione pontificia e regia e causa, invece, di interminabili liti tra i vescovi di Isernia e gli Abati di Montecassino, come della sepoltura del Terzi al di fuori delle mura della città (chiesa dell’ex ospedale).

 

Il 16 maggio 1742 autorità e cittadini, dopo pubbliche preghiere in tutte le chiese della città, verseranno al Regio Fisco la somma di 43.000 ducati quale riscatto della proprietà feudale sequestrata ai D’Avalos. Isernia riprenderà il suo volto di città demaniale, legandosi fedelmente ai Borboni di Napoli e difendendone fino al sangue la causa legittimista insidiata dai francesi rivoluzionari. La città si opporrà alla Rivoluzione del 1798-99 con ogni mezzo, pagandone pesantemente le conseguenze. Pillée et plus que decimée, assieme a soprusi e maltrattamenti di ogni genere, conoscerà il sacrificio di circa 1500 suoi figli, vittime degli invasori giacobini.

 

Triste preludio ai fatti di sangue accaduti nella cosiddetta «reazione di Isernia» del settembre 1860, quando la città conoscerà altre atrocità, essendo i suoi figli scesi tra di loro, questa volta, «a singolar tenzone», nella difesa della causa legittimista, gli uni, e di quella liberale-rivoluzionaria, gli altri.

 

 

Bibliografia

 

Cefalogli, F 2015, “L’antica campana di San Francesco a Isernia”, ArcheoMolise VII, maggio-agosto, Campobasso.

 

Ciarlanti, G V 1644, Memorie historiche del Sannio, Isernia.

 

Cuozzo, E 1985, Il formarsi della feudalità nel Molise, Montecassino.

 

Damiani, P 2003, Palazzi e chiese della città di Isernia, Venafro.

 

Marasco, A. De Rose, S, Paone, N, Catalano, D, Morra, G 2000, Le cattedrali di Isernia e Venafro. Il santuario dei Ss. Cosma e Damiano, Isernia.

 

Mattei, A M 1989, Isernia. Una città ricca di storia, Cassino.

 

Palumbo, C 2008, “Isernia-Venafro”, Le diocesi d’Italia, Cinisello Balsamo.

 

SABAAAS del Molise e IRESMO, 2009, Isernia, Cosmo Iannone Editore.

 

Valente, F 1982, Isernia. Origine e crescita di una città, Campobasso.

 

Viti, A 1972, Note di diplomatica ecclesiastica sulla contea di Molise dalle fonti delle pergamene capitolari di Isernia, Napoli.

 

 


 

 

INDICE

 

EDITORIALE di Emilia Vitullo pag. 6

 

INTRODUZIONE: IL PASSATO COMPLESSO E IL FUTURO INCERTO DI UNA CITTÀ di Alessandro Testa pag. 8

 

ISERNIA PRIMA DI ISERNIA. 600.000 ANNI FA IL SITO DE LA PINETA a cura di Giuseppe Lembo, Brunella Muttillo, Ettore Rufo pag. 12

 

AESERNIA TRA IL MONDO SANNITA E LA TARDOANTICHITÀ. UN EXCURSUS ARCHEOLOGICO di Jesus Garcia Sanchez pag. 20

 

ISERNIA DAL V AL XVIII SECOLO di Claudio Palumbo pag. 30

 

ISERNIA DAL PERIODO FRANCESE ALL'ISTITUZIONE DELLA PROVINCIA di Fernando Cefalogli pag. 38

 

L'EVOLUZIONE URBANISTICA D'ISERNIA TRA L'ALTO MEDIOEVO E L'ETÀ CONTEMPORANEA di Ulderico Iorillo e Enza Zullo pag. 46

 

LA FONTANA FRATERNA di Ulderico Iorillo pag. 58

 

DEI PALAZZI STORICI DI ISERNIA di Gabriele Venditti pag.66

 

IL RACCONTO DELLA CITTÀ ATTRAVERSO LE SUE TESTIMONIANZE PITTORICHE di Tommaso Evangelista e Ulderico lorillo pag. 76

 

CHIESE, MONASTERI ED EREMI DI ISERNIA di Enza Zullo pag. 88

 

ISERNIA: NARRATIVA, POESIA, TEATRO di Giambattista Faralli pag. 96

 

FESTE, FIERE, CULTI E PROCESSIONI di Mauro Gioielli pag. 102

 

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