Il Molise dalle origini ai nostri giorni. Volume primo. La provincia di Molise

Giambattista Masciotta

 

PREFAZIONE

 

 

Il Molise vanta una svariata e cospicua bibliografia. Sono manoscritti narrativi di eventi lontani e di ricordi personali che dormono nei vecchi archivi familiari; sono opuscoli occasionali ch’ebbero un’ora di voga e sopravvivono polverosi e gualciti in qualche privata raccolta di libri; sono necrologie di uomini ch’ebbero qualche rinomanza; sono monografie singole di paesi e città redatte con vecchi criteri di tecnica, e con le cautele suggerite dall’angustia morale e politica dei tempi; sono volumi d’ordine generale come quelli del Ciarlanti, del Tria, del Galanti, del Longano , dell’Albino, o di argomenti speciali assai più numerosi ed interessanti. Manoscritti che quasi nessuno conosce; opuscoli che nessuno più legge; volumi che nessuno più consulta sia per la rarità, sia per la vetustà del contenuto ed il disordine e l’inorganicità di questo.

 

Presentare, dunque, riuniti in un sol corpo i frammenti dispersi, le memorie già involte nell’oblìo o prossime ad esserlo, le notizie o poco o mal note, e presentarle con ordine e chiarezza e nel posto dovuto, ci è sembrato fin da principio un cimento superiore alle nostre forze, un cimento però degno di essere affrontato e meritevole di essere superato.

 

Gli archivî pubblici, le pubbliche biblioteche, i manoscritti, i volumi, i giornali e i periodici del tempo andato, offrirono numerosi e provvidi materiali alle nostre ricerche; e il lavoro man mano andò prendendo una mole ed una consistenza che non erano nelle nostre prime previsioni.

 

Purtroppo, col crescere della mole, si facevano qua e là manifesti nella compagine alcuni vuoti e parecchie lacune che occorreva colmare.

 

 

2

 

E bisognò provvedere all’uopo con pazienti ed ulteriori indagini, talora estremamente incresciose; e quando vuoti e lacune si riferivano ad uomini pubblici, od a famiglie feudali estinte, fu mestieri bussare all’uscio dei discendenti ed eredi, scuotere e forzare la loro apatia, superare le loro diffidenze, sgombrare i loro sospetti, e sollecitare reiterate volte una risposta (spesso inconcludente !) con la petulanza del mendico che chiede il soldo pel pane !

 

Il lavoro immane e gravoso ha, finalmente, raggiunto il suo termine; e noi lo presentiamo nei suoi quattro volumi al pubblico dei lettori con un senso d’intima soddisfazione.

 

È un’opera, la nostra, completa e perfetta ?

 

No, certo. Essa non è quale noi l’avremmo voluta; ma rappresenta il massimo potuto, ed il nostro amor proprio è pago della considerazione che una sola provincia del Regno possiede oggi una monografia che possa compararsi alla presente per condotta tecnica e complessità organica. Se ne avranno altre e migliori in avvenire, non è da dubitarne; il Molise però ha precorso le provincie consorelle.

 

E il Molise ne aveva bisogno.

 

La vastità dell’agro provinciale, la sua topografia accidentata, la sua ardua orografia, la diversità etnica dei suoi abitanti, la deficienza delle comunicazioni, l’industria agricola che ha prevalenza nella nostra attività economica, sono tutti elementi coagenti ad allontanare gli animi ed a dividerli, anziché ad assembrarli ed accomunarli.

 

L’eredità atavica del federalismo sannitico preme ancora sulla nostra psiche.

 

Noi viviamo nei nostri paesi in una condizione d’isolamento materiale e morale che, lungi dall’elevare i nostri sentimenti, ostacola l’educazione civile, inceppa l’evoluzione sociale, e per naturale concatenazione di cause ed effetti ci guida alla diffidenza reciproca, e mentre ci rende deboli dinanzi allo Stato ci conserva ignorati dal resto della nazione.

 

Noi dobbiamo sentirci italiani con orgoglio, come lo siamo di fatto (forse più che altri) nella favella, nella fede e nel rispetto alle leggi; ma dobbiamo sentirci molisani con la stessa alterezza e dignità con cui altri si afferma piemontese, veneto e lombardo. Lo possiamo e lo dobbiamo, perchè il Molise non fu, nè è da meno delle altre regioni. Leggendo queste pagine tale verità appare integra e luminosa nella storia antica, nell’evo medio, nella storia moderna. Abbiamo i nostri fasti, le nostre glorie, le nostre affermazioni ideali che non temono il confronto;

 

 

3

 

abbiamo avuto uomini che hanno lasciata viva impronta nei supremi gradi della Chiesa, del governo, delle armi, della scuola; uomini che acquistarono fama non peritura nel foro, nelle accademie, nella vita pubblica, nel patriottismo del Risorgimento nazionale.

 

Ma noi abbiamo bisogno di una cura ricostituente. Dobbiamo espellere dai nostri costumi il vizio dell’autodenigrazione sistematica, questo veleno secolare olio inquina, intristisce ed ammisera la nostra vita individuale e comunale. Dalla serena, costante, obbiettiva valutazione delle nostre forze antiche ed attuali, dalla somma delle aspirazioni raggiunte, dalle idealità da conseguire, dalla nostra stessa capacità evolutiva dovrà germinare e svilupparsi h anima collettiva del Molise.

 

I popoli civili hanno il culto delle proprie glorie e la virtù di saperlo propagare. Gli immemori sono i deboli, e i deboli — socialmente parlando — sono i popoli poveri.

 

Se noi persevereremo nella nostra indifferenza regionale, se noi continueremo a non preoccuparci dell’alta forza morale ch’emana e s’irradia dall’anima collettiva (forza che alla fine dei conti si traduce in valore economico), noi subiremo ulteriori strappi alla nostra dignità, ulteriori offese al nostro amor proprio regionale, ostacoli ulteriori al nostro progredire.

 

La presente opera — frutto di più che tre lustri di gravoso lavoro — facendo conoscere il Molise ai molisani ed agli italiani, mira ad essere il germe fecondo dell’anima collettiva, il lievito potente della rigenerazione della nostra illustre e storica contrada. La sua lettura darà modo alla nazione di conoscere lo stato attuale e i bisogni impellenti del Molise, ed ai molisani di sapere quanto si è fatto e quanto è ancora da fare per la propria evoluzione alla meta suprema del vivere civile, senza attendere ispirazioni e provvidenze dall’alto per consuetudine spagnolesca e con rassegnazione musulmana, indegne della stirpe e dei tempi.

 

[Next]

[Back to Index]